Strano tipo questo Ambrogio. Nato con un destino segnato dalla politica e dalla carriera pubblica a motivo del padre, pezzo grosso in quel di Treviri, sperimenta fin da giovane come tutto possa cambiare in un attimo, come la vita non sia soltanto l’esito di quel che vogliamo o di quel che è programmato, come tutto porti dentro un imponderabile. La leggenda vuole che fosse stato chiamato a sedare l’ordine pubblico tra le due fazioni che in quel momento si giocavano la città di Milano: i niceni da una parte, minoranza agguerrita in un tempo complicato, e gli ariani dall’altra, irriducibili al nuovo corso delle cose che l’imperatore Teodosio, e un Concilio, avevano impresso alla storia.



Ambrogio era una sorta di governatore di Regione ante-litteram: a lui spettava vigilare su un’ampia area che coinvolgeva l’odierna Liguria, buona parte dell’Emilia e la Lombardia. Da tutti era riconosciuto per la sua onestà, per la sua affidabilità, per il suo essere al di sopra di quelle liti di tutti i giorni che rendevano tutto così triviale e partigiano. Ambrogio era un politico vero. E, quel che conta, non era ancora battezzato, e – pertanto – potenzialmente ariano, potenzialmente niceno.



Devono aver pensato tutto questo, e molto altro di inconfessabile, quando il giovanotto si presentò in cattedrale con i suoi uomini per ridurre alla ragione le due parti, per imporre una sorta di cornice di unità a quel guazzabuglio di teorie, di improperi e di delazioni reciproche.

Quel che accadde da quel punto in poi si perde nello stupore dei presenti e nel racconto degli uomini. Quel che si sa è che più Ambrogio avanzava fra loro, più il motivo contingente del loro contendere – la scelta del nuovo vescovo di Milano – si dipanava e si imponeva. Il ragazzo di Treviri diventava l’unica carta possibile, l’unica cui non avevano pensato.



In mezzo al barruffar degli uomini, Dio si riprendeva il proprio posto. Lo dichiararono vescovo. E lui si sottrasse. Non solo perché ancora catecumeno, ma anche perché mancavano diverse verifiche formali sul suo conto: che avrebbe detto l’imperatore? Come si sarebbe potuti passare da “senza battesimo” al grado di episcopo? E poi, questo sacerdozio di Cristo, era ciò che lui voleva?

Quando la vita si complica ciò che davvero scioglie tutto è un sì. Ambrogio, commosso da Qualcuno che lo aveva così cercato fra gli uomini da venirlo a prendere per farlo Suo, disse “sì”. E tutti i problemi legali, tutti i pensieri morali, tutte le domande circa il destino e la vocazione si sciolsero in quella mattina di dicembre, il 7 per la precisione, in cui fu fatto cristiano. Niceno, romano.

Beffarda la storia. Colui che diverrà il fondatore di uno stile, di un rito, di un modo di essere chiesa, sensibilmente diverso da quello di Roma, quel giorno scelse di immergersi nella grande Chiesa che in Roma aveva il suo centro. Come a dire, fin da subito, che nessuno può generare il nuovo se non è saldamente legato all’antico, alla storia.

Da quel giorno niente fu più come prima. Nel mistero del rapporto fra Cristo e Ambrogio nacque Milano. E forse, se pensiamo ad Agostino, a Simpliciano, a tanti che lo incrociarono, si potrebbe forse dire che dal sì di quel ragazzo strappato alla politica non nacque solo una Chiesa. Quel giorno, in fondo, nacque l’Europa.

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