“Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio agli uccelli del cielo, poiché anche gli uccelli del cielo sono fecondi dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio alle bestie della terra, poiché anche le bestie della terra sono feconde dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio a queste acque, poiché anche queste acque sono feconde dinanzi a te, o Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio certo a questa terra, poiché anche questa terra porta i suoi frutti secondo le stagioni e ti benedice, o Signore”. Con questa lamentazione, una donna disperata si rivolge a Dio Re dell’Universo, implorando di concederle la discendenza che fino a quel momento lei e suo marito non avevano potuto generare.



Il Signore, che a lunghe attese fa seguire grandi doni, ascolta questa invocazione, e invia uno dei suoi angeli ad annunciare alla donna che avrebbe presto concepito e partorito. Questa donna di nome Anna, moglie di Gioacchino, divenne madre di una bambina di nome Maria, e nonna di un bambino di nome Gesù.

Nei vangeli canonici, non esiste alcun riferimento alla storia dei genitori della Vergine. Di loro si parla in due vangeli apocrifi, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello Pseudo Matteo. Se Marco, Matteo, Luca e Giovanni riservano poche parole a Giuseppe, non ne spendono alcuna per i nonni di Gesù. Una sintesi estrema, che a volte si fa addirittura silenzio, racchiudendo tuttavia le più intense vicende che sono state alla base della vicenda terrena di Dio.



La storia di Anna ha incuriosito molti pittori, che hanno scelto di riportare quanto narrato dagli apocrifi in base alla propria visione del mondo. Così, nell’ammirare il bacio tra Anna e Gioacchino dipinto da Giotto, possiamo osservare i coniugi benedetti dal Signore mentre si stringono in un abbraccio ammantato di affetto e confidenza. L’incontro alla Porta d’oro (l’angelo disse infatti ad Anna: “Va ora alla porta che è detta Aurea, fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te”) è rappresentato anche da Filippino Lippi, che immagina Anna e Gioacchino come due vegliardi (quanto è stata lunga l’attesa, Signore! Ma Tu mantieni sempre le Tue promesse), sul cui capo l’angelo di Dio impone le proprie mani.



Vi sono poi rappresentazioni in cui la moglie di Gioacchino appare come colei che accompagna e sostiene Maria: nel dipinto del Perugino, Visitazione con sant’Anna, la Vergine incontra la cugina Elisabetta mentre Anna sta in disparte, vicina ma discreta. O ancora il Tabernacolo di Sant’Anna, dipinto da Agnolo Gaddi verso la fine del XIV secolo vicino alla pieve di San Pietro a Figline, in cui la Vergine allatta il Bambino mentre Anna li osserva e li protegge.

La stessa vicinanza serena si ritrova nell’opera di Albrecht Dürer, Sant’Anna la Vergine e il Bambino, custodito al Metropolitan Museum di New York: protagoniste del dipinto sono le mani, che si accostano e quasi si intrecciano amorevolmente nel caso della Vergine e del Bambino, mentre quelle di Anna si appoggiano delicatamente sulla spalla di Maria, in un tacito e potente segno (“sono qui per Te”).

Una delle opere di maggiore impatto per quanto riguarda la raffigurazione di Sant’Anna è il dipinto di Leonardo da VinciSant’Anna con la Vergine e il Bambino, conservata al Museo del Louvre: in una sorta di triangolo ascendente di amore, si parte da Gesù Bambino che abbraccia un agnello, volgendo lo sguardo alla Sua mamma. Dietro a Maria, a culmine della scena, Anna osserva, con il suo atteggiamento discreto ma pienamente partecipe, con l’espressione aperta in un sorriso sereno, rilassato; il sorriso di ogni nonna che con le sue azioni e il suo esempio ha aperto la strada al diventare da figli a genitori.

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