«Il pontificato di Silverio, seppur breve, pone particolari difficoltà nell’uso delle fonti. (…) Il tentativo di discernere tra verità e leggenda nella triste storia di papa Silverio appare un’impresa abbastanza infruttuosa: è invece più produttivo passare in rassegna le diverse fonti, senza esitare a metterne in luce le contraddizioni» (Claire Sotinel, “Enciclopedia dei Papi”).
Il Martirologio Romano documenta che nell’isola di Palmarola in Liguria, ebbe luogo – il 2 dicembre 537 – il transito di san Silverio, papa e martire, che, non avendo voluto ristabilire Antimo, vescovo eretico (patriarca monofisita) di Costantinopoli deposto dal suo predecessore sant’Agapito, fu per ordine dell’imperatrice Teodora (monofisita), privato della sua sede e mandato in esilio, dove morì dopo molte tribolazioni.
Il monofisismo indica in generale le varie dottrine teologiche di coloro che hanno negato la duplice natura, divina e umana, di Gesù Cristo, affermando, con sfumature diverse, l’unicità della sua natura, cioè quella divina.
Il santo papa Silverio nacque nel 480 a Frosinone, fu eletto il giorno 8 giugno 536, era figlio di un altro santo papa, Ormisda, e fu eletto sostanzialmente per volontà del re ostrogoto d’Italia Teodato (534-536). Nella diatriba per il possesso dell’Italia tra Goti e Bizantini, Teodato, sapendo che il predecessore di Silverio, Agapito, non era riuscito a far desistere l’imperatore Giustiniano (527-565) dai suoi piani per la conquista dell’Italia, desiderava un papa filo-gotico.
Quando papa Agapito morì, Teodora fece un patto con il diacono romano Vigilio, apocrisario (nunzio) della Santa Sede, promettendo di farlo nominare Papa se avesse ottenuto la riabilitazione di Antimo. Vigilio si affrettò a tornare a Roma, ma trovò Silverio già insediato. Il generale bizantino Belisario fece dei tentativi per indurre papa Silverio a lasciare il trono. Ma Silverio rifiutò. Belisario, accusando con lettere falsificate Silverio di appoggiare i Goti, ricorse alla forza: gli fece strappare il pallio, lo degradò al rango di monaco e lo depose (11 marzo 537).
Il pallio è la fascia circolare di lana bianca, che si fa passare intorno al collo; è ornata di 6 piccole croci, ha un pendente anteriore e uno posteriore, e i due lembi estremi terminano con piccole lastrine di piombo coperte di seta nera; è riservata al papa, agli arcivescovi, ai patriarchi e ai primati.
«Silverio fu deportato a Patara, porto della Licia, ma il vescovo del luogo andò a Costantinopoli per intercedere a suo favore presso Giustiniano: nel mondo vi erano molti re, dichiarò, ma soltanto un papa, e Silverio era stato cacciato ingiustamente. Giustiniano ordinò che il condannato venisse rimandato a Roma e sottoposto a un processo imparziale: se fosse stato dichiarato colpevole, doveva essere assegnato a un’altra sede; se innocente, rimesso sul suo trono» (Kelly).
Ma il complotto Vigilio-Belisario fece sì che Silverio fosse inviato in esilio a Ponza o nella vicina Palmarola, dove gli fu estorta l’abdicazione (11 novembre 537). Il 2 dicembre, giorno in cui si celebra la sua memoria liturgica, vi morì vittima della fame e dei maltrattamenti subiti. Venne sepolto sull’isola, di cui oggi è il patrono; la sua tomba diventò centro di guarigioni e miracoli.
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