Notizia: al Premio Bindi di quest’anno (una manifestazione che dal 2005, in ricordo di Umberto Bindi, premia i giovani emergenti della canzone d’autore italiana) il riconoscimento più prestigioso è stato assegnato a Santoianni. Salito alla ribalta giovanissimo già nel 2009 a Sanremo Lab, Donato Santoianni (nome e cognome per esteso) ha all’attivo due album e diverse collaborazioni nell’ambiente indie; nel 2022 firma due brani per Ron nel suo Sono un figlio e nello stesso anno partecipa al disco tributo a Claudio Chieffo Charity tribute interpretando del cantautore forlivese Sulla collina.
Musicalmente sulla scia dell’ultima generazione di cantautori che strizzano l’occhio alla produzione degli anni ’80/’90, i suoi testi sono lo specchio della realtà con una vena a volte sarcastica, a volte disincantata confrontandosi con la confusione dei tempi attuali, spesso con un quid, con una domanda di senso al fondo, che nell’invadenza mediatica della trap non è poca cosa.
Con il suo ultimo lavoro Sulla soglia dei trenta (la produzione con la quale si è meritato il Premio Bindi) il cantautore milanese torna alla carica confermando la sua indole polemica sui rapporti che lo circondano, le contraddizioni e l’inconcludenza di una società che gira a vuoto.<
Tra i titoli degli otto in scaletta, confezionati con atmosfere spesso acustiche e minimali, ne spiccano almeno tre: la canzone che dà il titolo a tutto l’album, Questa canzone che non vale niente e la conclusiva Come ci sono arrivato fin qua: tutte figlie di un sentimento di disillusione e delusione, arreso alla mediocrità, proprio in una stagione della vita in cui il desiderio di cambiamento dovrebbe essere la novità del quotidiano. Infatti, parlando di Questa canzone che non vale niente, così si descrive: “Dentro questo testo ho buttato tutta la disillusione dei miei trent’anni, lo scontro frontale con la realtà, la fatica di accettare il presente quando ti rendi conto che non è un elemento della costruzione di un futuro. Credo e penso che la mancanza di una prospettiva sia la cosa che mi fa più soffrire oggi, come individuo nella società e come autore nel mondo della musica”. E cogliendo fior da fiore nei testi di questi brani il sentimento di disillusione emerge continuamente: “…e stiamo tutti male, non me lo so spiegare. Come sia siamo arrivati fin qua?”; “… l’avessimo capito prima che tutta ‘sta manfrina è solo un’esercitazione alla mediocrità”; “… la forza di vivere sempre di merda per darti un futuro migliore sei oltre la soglia dei trenta senza niente da dire”. Fino ad arrivare alla sconsolata conclusione: “… l’evoluzione della specie è andata a farsi fottere definitivamente!”. E quindi:“… questa canzone non vale niente!”.
Mamma mia, che desolazione! Eppure, in una intervista sul web, Santoianni rivendica il suo essere un cantautore politico: “Per me l’impegno politico è importantissimo, non inteso come sostegno ad un partito, ma inteso come azione per fotografare delle cose e darne una propria versione, visione, idea in quello che sto raccontando”.
Ora, chi scrive questo articolo viene dalla generazione che fin dalla gioventù è cresciuta con le canzoni dei cantautori storici che all’età di Santoianni, pur fra mille derive ideologiche, erano aperti alle domande ultime e le comunicavano ad una grande platea che ascoltava. E c’era una comunità, magari non politicamente affine, che era attenta alla loro intuizione creativa, non la demonizzava, anzi, era spesso spunto e provocazione per una riflessione profonda della realtà.
E può sembrare un discorso “paternalista”, ma è lo stesso Santoianni, nell’intervista citata, che ammette il pericolo della superficialità della produzione musicale odierna e dell’ascolto “fluido” delle piattaforme e della “rete” in genere: “Il cantautorato oggi è inteso come: mi scrivo le canzoni e quindi me le canto. Va detto che oggi il mondo della musica, delle canzoni, degli autori è cambiato in maniera definitiva da quello che era un tempo. Io credo ci sia un grande problema: mancano interpreti e di conseguenza tutti scrivono, tutti scrivono canzoni e di cantautori ce ne sono talmente tanti che lo vivono come ruolo. Io cerco di trarre esperienza da chi mi ha preceduto ed era capace di posizionarsi”.
E allora, caro Santoianni, coraggio! Vai avanti per la strada che hai imboccato con convinzione. Ma ricordati che oltre cantare la denuncia del malessere di questa società e di questa generazione c’è l’importanza, quasi la necessità, di comunicare un desiderio che oltrepassi la disillusione, magari confidando in una risposta adeguata alla propria vita.
Come si avvertiva nelle parole che hai scritto nella presentazione alla canzone di Claudio Chieffo che hai voluto interpretare: “Poter interpretare il brano ‘Sulla collina’ ha rappresentato per me una grande opportunità, come interprete ma anche e soprattutto come autore di canzoni (…) Fin dal primo ascolto mi sono sentito quel ‘ragazzo’ più volte citato da Claudio nel suo testo e ho lasciato che fosse lui ad insegnarmi attraverso la canzone a trovare la forza profonda di inseguire, con fatica, una vita piena di significato.Spero di aver fatto mio il messaggio e di averlo riportato nella mia dimensione, in questa mia generazione, rendendo omaggio alla bellezza e alla verità della sua scrittura”.
È questa la “lezione” di Chieffo: semplicemente cantare il desiderio di una vita piena e comunicarla.
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