Settimana scorsa il Dipartimento del Tesoro americano ha deciso di estendere fino al 15 maggio 2023 l’esenzione ai divieti di effettuare transizioni con alcune banche e società finanziarie russe tra cui la Banca Centrale Russa, VTB Bank e Sberbank. L’esenzione è ampia e riguarda le attività di estrazione e di raffinazione, il trasporto di petrolio, gas naturale, raffinati, di carbone, di legname e di uranio. La decisione del Governo americano è arrivata appena qualche settimana prima dalla possibile introduzione di un tetto al prezzo del petrolio russo.



Appena dieci giorni fa il Wall Street Journal dava agli americani la notizia di un “buco” nelle sanzioni americane che permette al petrolio russo di arrivare negli Stati Uniti dopo essere stato raffinato fuori dalla Russia. Nel caso specifico la raffineria era quella di Priolo e il petrolio russo arrivava sotto forma di benzina sulla costa est americana. Non è un caso che le riserve di diesel e benzina negli Stati Uniti siano ai minimi e che la costa est che fino al 2008 raffinava 1,6 milioni di barili al giorno oggi è in grado di raffinare solo 800mila barili. In un Paese che viaggia su auto private e in cui i treni hanno i locomotori diesel i danni di uno “shortage” di raffinati sarebbero incalcolabili.



L’estensione garantita dal Dipartimento del Tesoro dà agli Stati Uniti la possibilità di continuare a rifornirsi di risorse di cui non può fare a meno o la cui mancanza si tradurrebbe in costi economici e sociali troppo elevati. Le raffinerie, tra l’altro, non funzionano con qualsiasi tipo di petrolio. Oggi gli Stati Uniti stanno vivendo una fase esplosiva di rimpatrio di impianti e fabbriche che si spostano anche dall’Europa, come ha testimoniato il Financial Times negli ultimi mesi; questo flusso non avverrebbe se gli Stati Uniti non fossero in grado di offrire un sistema di bassi costi energetici nel medio-lungo periodo. La domanda dei consumatori americani, ancora forte, non sarebbe a questi livelli se il potere d’acquisto fosse stato intaccato dai rincari energetici.



L’Europa è in una posizione molto peggiore di quella americana perché non ha risorse energetiche e naturali paragonabili a quelle americane e non ce le avrà mai per una questione “fisica”. L’Europa dovrebbe avere un’accortezza molto superiore a quella americana nella gestione delle sanzioni altrimenti rischia di saltare sotto il peso della crisi. L’Unione europea rischia poi di non entrare neanche in campo nella partita dell’accorciamento delle catene di fornitura che si porta dietro nuovi impianti.

Sostituire la Russia, che occupa un sesto delle terre emerse, è estremamente complicato anche dandosi un lungo lasso temporale. Occorre farlo evitando la propria autodistruzione. In questo gli Stati Uniti, che dipendono da Mosca infinitamente meno di noi, sono un esempio di realismo.

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