Le teorie monetariste possono essere fatali per i popoli e gli Stati. Perché? Ma perché possono gettare entrambi nel baratro della crisi economico-sociale e insieme della scomposizione sistemica istituzionale.

È quella che sta accadendo per via delle decisioni tanto della Fed quanto della Bce in merito alla conclamata inflazione. Ma è soprattutto alla Bce che bisogna guardare per comprendere l’assunto prima richiamato. Infatti ciò che si continua a denominare inflazione, inflazione non è, perché i salari non aumentano, così come non aumenta la domanda e quindi tanto meno la massa monetaria circolante o tesaurizzata che sia.



Siamo invece dinanzi a ben altro fenomeno, mentre i salari in Europa continuano a diminuire e i consumi scendono a rotta di collo dopo l’ubriacatura delle spese post-Covid. Siamo davanti a una sorta di aumento puntiforme dei prezzi di materie prime specifiche come quelle fossili, energetiche, alimentari non trattate e prodotti idiosincratici essenziali per processarle, dai microprocessori alle terre rare, ai composti chimici antiparassitari e via dicendo. Insomma si tratta degli effetti di un’inflazione da scarsità di offerta e non di inflazione da eccesso di domanda.



Lo può capire anche un bambino purché non avvelenato cognitivamente dal bombardamento neoclassico monetarista di esperti del pallottoliere che dopo Milton Friedman e compari impera nelle università e soprattutto sulle gazzette e rotocalchi vari. Ma non lo capiscono appunto gli istruiti e i laureati, e soprattutto lo intuiscono come landscape benefico i possidenti e maggiorenti che continuano la lotta di classe contro i lavoratori, gli artigiani, le partite Iva e tutti coloro che vivono ai margini o già nella povertà.

Sconcerta che a queste politiche suicide che fanno dimenticare anche le filastrocche d’occasione pronunciate da alcuni dei suddetti possidenti per tener buone le folle (ricordate il “debito buono” diverso da quello “cattivo” di draghiana invenzione subito dimenticata?) – sconcerta, dicevo, che a queste politiche di desertificazione di massa dell’industria europea (a cominciare da quella tedesca e italica propugnata di già con le sanzioni economiche elaborate e imposte dagli Usa contro gli imperialisti etnici e razzisti russi) si abbinino politiche di incapacità evidente di garantire i rifornimenti energetici ai popoli delle nazioni che hanno firmato i trattati europei.



Di tetti sul prezzo del gas (lasciamo perdere la follia di fissare tetti su prezzi determinati dalle aspettative borsistiche) si è detto, da parte della gentile amazzone del Cirque du Soleil oggi presidente dell’Ue, che si parlerà a fine ottobre. Sarà un consesso in cui il disordine regnerà manifesto. Nel mentre non solo le condizioni economiche peggioreranno, ma neppure ci si potrà riscaldare. Pensate agli ammalati negli ospedali, agli anziani nelle case di riposo e di cura, ai giovani nelle scuole.

Insomma, ai miei tempi una simile situazione si chiamava entropia, ossia disordine senza ritorno.

Ciò che fa problema è che tutto questo in Italia accada a pochi giorni dal voto e che poche o derise siano le proteste da parte dei cittadini, dei poveri, degli operai, degli intellettuali e se esponenti dei partiti in campagna elettorale provano a denunciare il tutto sono chiamati sovranisti o peggio.

È una situazione disperata da cui solo la fede nella Provvidenza – la fede vera, quella dei semplici – può salvarci.

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