A sette anni è salita per la prima volta sul tatami e non ne è più scesa. Le cadute, però, ci sono state. Lei è Sara Cardin, la campionessa di karate che vedremo anche alle Olimpiadi di Tokyo del 2020. Intervistata tra le pagine di Diva e Donna, racconta della fatica provata per il continuo mettersi alla prova: “E’ faticoso. Ma in linea di massima quello che le altre persone vedono come fatiche immani io lo vedo come un mezzo per arrivare a ottenere quello che voglio”. Dieci anni fa la tentazione di mollare: “Ho vissuto un periodo critico e ho avuto un cedimento. Poi mi sono ripresa. Perché io lo so: più grande è il sogno e più grande è la fatica”. Ci ha creduto fin da bambina nel suo sogno e faceva cose diverse dal coetanei. È stata mai, per questo, vittima di episodi di bullismo? “Ho una personalità forte. Se i bambini ti vedono deciso non ti prendono di mira. lo giocavo più spesso con i maschietti e loro mi accettavano. Qualche critica in più è arrivata più in là con il tempo, dalle ragazze”.



Sara Cardin: “Ho sofferto di anoressia, lo sport mi ha guarita!”

Sara Cardin ha sofferto di disturbi alimentari, come scrive nel suo libro. “Quando sono iniziati? Durante l’adolescenza. Pesavo già come ora, attorno ai 53 chili. Volevo a tutti i costi scendere sotto i 50. Ho iniziato a soffrire di anoressia, non avevo forze per allenarmi, allora ho ripreso a mangiare. Ma poi vomitavo. Cosa ricordo di quel periodo? Vivevo con il senso di colpa. Mi sentivo in colpa quando mangiavo, mi sentivo in colpa quando vomitavo. E poi il tempo passato a nascondersi e a nascondere il callo sul dito che si forma quando ti procuri il vomito… Come ne sono uscita? Attraverso l’amore per lo sport. Mi accorgevo che perdevo peso, le forze mi mancavano. Avevo anche continui sbalzi d’umore e un po’ alla volta perdevo il contatto con le persone che amo. Mia mamma mi ha portato da uno psicologo, ma a un certo punto vivevo solo per mangiare e vomitare. Però nello stesso tempo sapevo che non volevo perdere Paolo, il karate e me stessa. Mi stavo allontanando dal mio sogno…”. Ha conosciuto Paolo, il suo allenatore, quando aveva sette anni. Poi lui è diventato anche suo marito. Come si conciliano amore e lavoro? “È tutto raddoppiato. Quando si vive insieme ogni vittoria vale doppio. Lo stesso, però, vale anche per le sconfitte. Bisogna essere bravi nel gestire il rapporto personale e quello di lavoro”.

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