Processo caso Sara Pedri: poche ore fa, nella sua requisitoria, il pm ha chiesto la condanna dell’ex primario di Ginecologia del Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo, e della sua vice, Liliana Mereu, imputati di maltrattamenti in concorso nell’ambito della vicenda che riguarda la scomparsa della ginecologa forlivese avvenuta il 4 marzo 2021.
Secondo l’accusa, i due avrebbero portato avanti un “clima oppressivo” nel reparto in cui la professionista 31enne lavorava e dove si sentiva “in un inferno”, come dichiarato dalla sorella Emanuela Pedri, per via delle vessazioni e delle umiliazioni a cui sarebbe stata sottoposta con altri dipendenti per mesi. Una situazione talmente grave da spingerla a compiere un gesto estremo. Il corpo di Sara Pedri non è stato ritrovato, ma per gli inquirenti si sarebbe tolta la vita dopo essere precipitata in un vortice di mobbing e soprusi sul posto di lavoro. 21 le parti offese a processo, tra le quali proprio la ginecologa.
Sara Pedri, pm: “Clima oppressivo in reparto, per farlo emergere c’è voluto il morto”
La scomparsa di Sara Pedri – che si ipotizza essersi suicidata gettandosi dal ponte di Mostizzolo nel lago di Santa Giustina, in Val di Non – sarebbe la punta di un iceberg che avrebbe iniziato a prendere forma proprio con l’indagine sul caso della giovane ginecologa forlivese. La sua sparizione è l’evento che ha fatto da detonatore per scoperchiare il vaso di pandora sui presunti maltrattamenti sul posto di lavoro che lei e altre persone avrebbero subito per mesi in un clima che il pm, in sede di requisitoria nel processo a carico di Saverio Tateo e Liliana Mereu, avrebbe descritto come “oppressivo”, “di ostilità”. Una situazione emersa soltanto dopo la sparizione e la morte della professionista 31enne di cui si sono perse le tracce ormai 3 anni fa.
“Cè voluto il morto“, avrebbe detto il pubblico ministero in aula, riporta Il Corriere della Sera, sottolineando proprio come il caso Sara abbia portato a galla un mosaico di maltrattamenti sommersi che in quel reparto di Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, da tempo, si consumava ai danni del personale. I dipendenti, secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbero vissuto in uno stato di soggezione e alcuni di loro avrebbero subito per anni in silenzio, con la paura di perdere la loro occupazione o di innescare un cortocircuito di ritorsioni da parte dei due imputati. Per fotografare il contesto in cui sarebbe maturato il dramma della scomparsa, ricostruisce ANSA, l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia, avrebbe usato la metafora di “una pentola a pressione piena di gas nocivo” pronta ad esplodere.
La sorella di Sara Pedri: “Siamo sulla strada giusta”
La sorella di Sara Pedri, Emanuela, intervenuta ai microfoni della Tgr Emilia Romagna ha ribadito la convinzione della famiglia: la ginecologa avrebbe subito un pressing e vessazioni sempre più gravi al punto da arrivare al suicidio. “Una scelta sbagliata“, ha sottolineato Emanuela Pedri, che sarebbe arrivata al culmine di una lunga serie di maltrattamenti sul posto di lavoro.
Saverio Tateo e Liliana Mereu hanno sempre respinto le accuse. Per entrambi, riporta RaiNews, è stata chiesta la condanna e la sentenza dovrebbe arrivare a dicembre. “Siamo sulla strada giusta, lo siamo sempre stati“ ha dichiarato la sorella di Sara Pedri. “Lei diceva che era l’inferno, dobbiamo impedire che altre come Sara arrivino a fare quella scelta, che non serve. Dopo i primi sospetti, sono arrivate le conferme: altre persone dicevano di aver subito le stesse vessazioni, gli stessi maltrattamenti. Come famiglia ci auguriamo che si arrivi alla giusta conclusione, a non ripetere l’atteggiamento di un tempo, quello di girarsi dall’altra parte. Sara poteva essere salvata? Sì, e non solo dal reparto dove stava ma da tutti, noi inclusi”.