Sono trascorsi ormai quattro mesi senza avere notizie di Sara Pedri, giovane ginecologa scomparsa lo scorso 4 marzo in Val di Non dopo aver dato le dimissioni dal reparto di ginecologia dell’ospedale di Trento. La sorella di Sara, Emanuela, ha sin da subito denunciato la sua scomparsa collegandola al “clima malsano e umiliante sul posto di lavoro” ed il caso ha portato ad una doppia indagine, una da parte della procura e l’altra da parte dell’azienda sanitaria, che ha gettato ombre sulla gestione dell’intero reparto. Dopo la scomparsa altre dipendenti hanno infatti esposto le stesse problematiche evidenziate da Sara alla sua famiglia. Le ricerche di Sara non hanno finora portato a nulla neppure quelle che sono state compiute nel lago di Santa Giustina, dove i cani della polizia hanno fiutato il suo corpo.
La Pedri era giunta in Trentino lo scorso novembre per iniziare la sua carriera di medico a Cles, in Val di Non. In seguito ad una riorganizzazione dovuta alla pandemia, però, aveva assegnato la ginecologa all’ospedale Santa Chiara di Trento, dove i ritmi del lavoro l’avevano completamente destabilizzata. Già a febbraio quando Sara aveva fatto ritorno in Romagna per alcuni giorni, era apparsa scossa e molto dimagrita. Il referto del medico di famiglia, come spiega Corriere della Sera, recitava “Calo ponderale per stress da lavoro”.
SARA PEDRI, GINECOLOGA SCOMPARSA: IL GIALLO DEL CORPO
L’auto di Sara Pedri è stata ritrovata con all’interno il suo cellulare. La sua sparizione avviene esattamente dopo le sue dimissioni, quando aveva confidato alla sorella Emanuela di essersi “tolta un grande peso”. Cosa l’avrebbe spinta a interrompere ogni contatto con le persone a lei care? “Mi diceva che sul lavoro veniva verbalmente offesa. Era paralizzata dal terrore”, ha confidato la sorella, come riferisce ancora il Corriere della Sera. Il muro di omertà poco alla volta ha iniziato a sgretolarsi ed oggi sono diverse le persone che hanno iniziato a parlare condividendo le stesse angosce di Sara. C’è chi, come dichiarato a Chi l’ha visto, avrebbe perfino preferito essere coinvolta in un incidente pur di non doversi recare al lavoro. In seguito alle varie testimonianze di mobbing, lo scorso 11 giugno la procura ha aperto un fascicolo e l’Azienda sanitaria ha avviato la commissione d’indagine interna con 70 ostetriche che hanno chiesto di essere ascoltate. Nelle ultime ore 5 ginecologhe hanno parlato di “incompatibilità ambientale” rispetto al rientro del primario del reparto. Gli inquirenti intanto sospettano che la ragazza possa aver commesso un gesto estremo anche alla luce della traccia fiutata dalle unità cinofile. I vigili del fuoco hanno concentrato la loro attenzione nell’immenso lago artificiale di Santa Giustina dove è stato segnalato un corpo in un punto preciso del bacino ma il cadavere non è ancora stato recuperato e le acque melmose non facilitano le operazioni.