Ha accolto con rabbia Emanuela Pedri, sorella di Sara Pedri, la decisione di assolvere l’ex primario e il suo vice dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Qui vi lavorava appunto Sara Pedri, sparita lo scorso 4 marzo 2021, e per la cui morte è stato aperto un processo con l’accusa di maltrattamenti. Attraverso i microfoni di Fanpage, la sorella sottolinea il fatto che fino a che non ci sarà una legge sul mobbing che definisca “in maniera forte e chiara” lo stesso fenomeno e che soprattutto individui delle pene certe, tutti i processi di questo tipo non potranno mai concludersi diversamente da quello della sorella, “se non con un’assoluzione”.
Emanuela Pedri parla di una sentenza alla quale “eravamo già preparati”. Il giudice ha assolto Saverio Tateo, l’ex primario, nonché Liliana Mereu, la sua vice, in quanto il fatto non sussiste. “E’ un reato che non ha nome in Italia”, ribadisce la sorella della ginecologa scomparsa, aggiungendo di essere al lavoro assieme alla sua associazione per far si che si possa arrivare ad una legge “per non avere un’altra Sara da piangere”.
SARA PEDRI, LA SORELLA: “BISOGNAVA DARE UN SEGNALE DI SPERANZA
Emanuela precisa che la sua vita non sarebbe cambiata se Mereu e Tateu fossero stati condannati, visto che “mia sorella è morta”, di conseguenza tutte le famiglie dei sopravvissuti, dopo questa sentenza, “tornano a casa con un grande dolore”.
Per la sorella di Sara Pedri la condanna dei due imputati sarebbe stato un “segnale di speranza che andava dato”, ma invece c’è stata tanta delusione. Sara Pedri era scomparsa 4 anni fa, ma il suo corpo non venne mai stato ritrovato, e alla luce della vicenda molto complessa e intricata per la sorella è già stato un “grande risultato” il fatto di arrivare a processo senza un vero e proprio reato specifico.
SARA PEDRI, LA SORELLA: “NON E’ FINITA”
In ogni caso, anche se è arrivata la doppia assoluzione “Non è finita”, visto che l’obiettivo è ora quello di arriva ad una “norma che inseguiamo da 20 anni”. E poi c”è da capire cosa voglia fare la Procura, che potrebbe decidere di impugnare l’Appello se non dovesse ritenersi soddisfatta delle decisione del giudice in primo grado. E’ una speranza, aggiunge la sorella di Sara Pedri, anche se non è detto che succeda: “I nostri avvocati hanno le mani legate” da questo punto di vista.
“Sono molto arrabbiata”, continua e alla luce di questa grande rabbia che ha dentro non riesce a piangere, ricordando che in Italia sono tanti i processi per abusi sul luogo del lavoro, così come le denunce “ma poi finiscono in questo modo”. Nel nostro Paese, aggiunge, “Ci sono tante storie simili”, ma quella di Sara Pedri è stata sicuramente una di quelle maggiormente trattate a livello mediatico, anche per via dell’esito tragico. “Adesso dobbiamo sfruttare questa opportunità” alla luce del vuoto normativo che provoca sofferenza in “tantissime persone”.