“Cari populisti, la festa è finita. Ci avete risvegliato”: comincia così il Manifesto delle Sardine pubblicato su Facebook dai capi branco Giulia, Andrea, Roberto e Mattia, che aggiungono: “Siete gli unici a dover avere paura. Condivideremo questo messaggio fino a farvi venire il mal di mare”. Non solo: i ragazzi di Bologna hanno pure registrato il marchio “6000 sardine”. E dopo Bologna, Modena, Sorrento, Palermo e Reggio Emilia, le adunate in piazza continueranno anche la prossima settimana, e oltre, da Genova a Firenze, da Torino a Milano, da Roma a Napoli. Ma chi sono le Sardine? Che messaggio mandano alla politica? Possono aiutare un centrosinistra al governo, ma in affanno nel paese? Fin dove possono arrivare? E riusciranno davvero a “spaventare” Salvini e i populisti? Ne abbiamo parlato con Mauro Calise, politologo, docente nell’Università di Napoli Federico II ed editorialista del Mattino.



Si definiscono giovani, apartitici, senza bandiere, hanno testa ma non pancia, sono contro l’odio e il populismo, amano la bellezza e la creatività. È questo il vero identikit delle Sardine?

La domanda da cui partire non è tanto l’identikit di chi sono, quanto come si muovono e come si organizzano.

Dove sta la novità?



La grande differenza rispetto a movimenti con i quali impropriamente vengono paragonati, i girotondi o il popolo viola, sta nel fatto che le sardine si organizzano attraverso la Rete, un po’ come Occupy Wall Street. Finora questo fenomeno era stato messo in ombra dal cosiddetto webpopulismo dall’alto. Il frame sulla Rete è stato prevalentemente quello di Trump, di Salvini, degli haters o delle fake news, cioè dall’alto verso il basso. Ma la Rete è anche e soprattutto basso verso l’alto. Usando la metafora di Neil Ferguson, noi finora abbiamo visto nella Rete soprattutto la torre top-down; con le Sardine vediamo la piazza, la capacità di mobilitazione dal basso.



Ma le Sardine scendono in piazza più per motivazioni politiche o per un richiamo social?

Entrambe le cose. La Rete è un potenziale fortissimo di mobilitazione dal basso, ma questa mobilitazione per sua natura non può essere politico-programmatica, ci mancherebbe. Impensabile che vengano su con un programma bell’e pronto. Quindi tutti quelli che si aspettano questo, e magari glielo suggeriscono pure, sbagliano. Adesso c’è una contro-mobilitazione di Rete rispetto a un tema, molto salviniano, della paura, della divisione, dell’essere contro il diverso. Le Sardine dicono: tutto questo non ci piace. Certo, essere contro non basta, non è che le Sardine fanno un partito con cui vincere le elezioni contro Salvini. Però stanno dimostrando che la Rete è un grande potenziale di mobilitazione dal basso su idee che possiamo definire progressiste.

Mobilitarsi, quindi, è facile. Ma una volta mobilitati, poi cosa succede?

Intanto non si sa se tutti questi ragazzi andranno a votare, ma molti sì e forse ci sarà qualche lista in cui probabilmente si identificheranno un po’ di più. Non dimentichiamo che prima che ci fosse la crisi di agosto e che il Pd si ritrovasse catapultato al governo, c’era stata una lunga discussione sul fatto che potesse nascere alla sinistra del Partito democratico una costola tipo “generazione Greta”, ambientalista, come quella che esprime il 20% dei voti in Germania e il 12% in Francia per i Verdi. In Italia questo è un vuoto, un buco politico, che può valere intorno al 15%.

Le Sardine andranno a concentrarsi tutte in quel bacino?

No, ma buona parte forse sì. Sono una spinta a tener presente un’area sottorappresentata rispetto ai partiti tradizionali, Lega e M5s compresi. Ed è un’area interessante, molto giovanile.

Che messaggio lanciano le piazze delle Sardine alla politica e ai partiti?

Questi fenomeni possono generare un ricambio all’interno dei partiti, potrebbe costringerli a darsi una mossa. Magari possono anche dare una mano alla famosa piattaforma che il Pd sta realizzando in sette anni anziché in sette settimane…

A proposito di Pd, le Sardine sono la “coscienza collettiva” o la “coscienza critica” del Partito democratico? E giovano ai Dem?

Penso che siano soprattutto la coscienza critica, perché con il Pd questi si identificano poco. Però, come dimostra il fatto che siano nate a Bologna, le Sardine ci hanno tenuto a dire: ci siamo. Anzi, visto che Salvini a Bologna si fa vedere molto più che il sindaco della città, il loro messaggio è chiaro: questa invasione di campo noi non la accettiamo. E se Bonaccini non ha interesse a spostare la sfida elettorale in Emilia-Romagna sul piano politico, mantenendola sull’aspetto più amministrativo, la Rete sta dicendo al leader del Carroccio: guarda che non ci sei solo tu a usare Facebook, YouTube e Twitter. Ci siamo anche noi, sui social ma anche in piazza. Si comincia a vedere una risposta politica di Rete al salvinismo, che finora non c’è stata.

In realtà, i Cinquestelle ci hanno già provato con la Rete…

Sì, ma si sono fatti fregare sul loro terreno. Sono stati i primi a capire genialmente le potenzialità della Rete, ma lo hanno fatto con il modello top-down, vantando una partecipazione online di 40mila persone che alla fine equivale all’1% di quelli che hanno votato alle primarie di Prodi. In più, anziché quel geniaccio di Grillo, ci hanno messo la faccia un po’ lugubre di Casaleggio o quella di Di Maio, che proprio non ha un sorriso accattivante…

Le Sardine, lo dichiarano esplicitamente nel loro manifesto, vogliono far venire il mal di mare a Salvini e ai populisti: “siete gli unici che devono avere paura” di queste piazze. Possono davvero “spaventare” Salvini?

Con i gattini, Salvini ha fatto un’uscita infelice. È convinto di poterseli mangiare. Si sbaglia. Poi, che le Sardine possano far paura a Salvini e al populismo mi sembra un po’ esagerato. Non so se ci sarà l’erosione dei consensi di cui gode la Lega. Ma se Salvini, che pure adesso sta cercando di mettersi le grisaglie, dovesse tornare al governo in nome della frattura, visto che finora un’opposizione in piazza non l’ha mai avuta, con queste piazze non dico che succederà come con i Gilet gialli in Francia, quando Macron, che pure non è un populista ma un illuminato di centro, si è svegliato una mattina con Parigi a ferro e fuoco. Non sarà una passeggiata per Salvini. E non sarà paragonabile all’anti-berlusconismo, perché Salvini è più di destra, il messaggio è passato e adesso comincia a manifestarsi una reazione a questo messaggio.

Le Sardine si dicono contrarie alla violenza, ma possono diventare un’onda lunga, appunto come i Gilet gialli in Francia?

Perché no? In questi casi funziona la dinamica dell’imitazione. Ma vediamo che cosa succederà nelle prossime tre-quattro tappe. Non scordiamoci però che in questo paese la politica più innovativa è stata quella municipale. La “primavera dei sindaci” di 25 anni fa è stata una stagione importante, perché l’Italia dal punto di vista della comunità istituzionale è un paese di città, come nel Trecento.

Dove vuole arrivare?

Dico che è interessante questo modo di propagarsi città dopo città. I Gilet gialli sono stati visti quasi subito come un fenomeno nazionale, invece questo farsi vedere e sentire nelle piazze municipali, con la possibilità di identificarti meglio e di ritrovarti meglio in una comunità virtuale ma anche fisica, è molto intrigante. Sarebbe interessante studiare le Sardine città per città.

Secondo il direttore del Foglio, sono un unicum in tutta Europa, perché non manifestano contro il sistema, ma contro gli anti-sistema. Che ne pensa?

È una lettura un po’ troppo ottimistica. Con la Rete è sempre meglio andarci piano. Non so quanto le Sardine siano pro-sistema, mi sembra che siano un po’ arrabbiati anche loro, e hanno pure ragione, perché il sistema funziona sempre peggio per i ceti medi giovani. Essere arrabbiati, però, non significa essere anti-sistema. Il tema interessante, piuttosto, è quello culturale.

Perché?

Io sono sempre stato convinto che la Rete sia uno straordinario laboratorio di crescita culturale. Haters e fake news fanno parte del gioco, però la Rete offre possibilità di socialità su larga scala. E buona parte di queste persone hanno un buon livello di consapevolezza e di maturità culturale dei problemi. Questo è molto positivo.

Diventeranno un partito o quanto meno un laboratorio di idee e proposte politiche? Finora di temi se ne sono visti pochini…

Vedo le Sardine come un laboratorio di partecipazione, che in questa fase manca alla politica. E di per sé è già un contributo enorme. Le idee poi vengono fuori, ma oggi non sono il problema principale. Il problema vero è riattivare il processo di partecipazione fisica e digitale a sinistra. Perché i voti la sinistra li raccoglie tra i pensionati e gli impiegati, le mancano i giovani.

E questa partecipazione giovanile di sinistra sarà oggetto di contesa tra Pd e M5s?

Se lo faranno, saranno solo guai. Non devono assolutamente metterci il cappello e tanto meno un leader.

(Marco Biscella)