Le Sardine come un gruppo elitario, nella quale il gran capo Mattia Santori è intoccabile e che tratta decisamente molto male chi se ne va dal movimento: questo è il ritratto sconfortante che viene fatto delle Sardine appunto da uno dei “pentiti” fuoriuscito dal gruppo, che si è raccontato al Giornale in maniera anonima. Di questo professionista vicino alla mezza età conosciamo le iniziali (D. H.) e il suo racconto – se corrispondente al vero – tratteggerebbe un quadro della situazione davvero non esaltante.



Questo fuoriuscito dalle Sardine racconta infatti di essere ora bersaglio di varie angherie, comprese telefonate registrate e lettere anonime. Indole moderata, livello culturale elevato, anti sovranista, D. H. è stato tra i fondatori delle Sardine nel Nord Italia, sostenitore convinto di un nuovo movimento che voleva super partes e capace di portare serenità alla politica:



“Ho partecipato con entusiasmo, convinto che il movimento potesse rappresentare una voce pacificatrice. Il 24 novembre 2019 fu convocata l’assemblea fondativa milanese nella sede Arci del quartiere Corvetto. Un dedalo di gruppi e di gruppetti. I due principali erano 6000 Sardine Milano e 6000 Sardine Milano e Lombardia”.

PUNTI CRITICI FIN DAI PRIMI INCONTRI DELLE SARDINE

Il primo, prosegue D. H., faceva capo a Simona Regondi, assistente sociale, ex militante di Possibile e di Sel, vicina a Giuseppe Civati e al centro sociale milanese Leoncavallo: “Una donna con l’indole della pasionaria. In fin dei conti onesta e lineare”. L’altro gruppo, 6000 Sardine Milano e Lombardia, era guidato da Fabio Cavallo: “Tipo piuttosto aggressivo, dice di sé che lavorava alla CGIL, ma che poi il sindacato lo licenziò, per motivi che non mi ha mai spiegato. Tant’è che non ho capito se fosse vero”.



Frequentatore del centro sociale milanese il Cantiere, attivo sui social con una Rete italiana antifascista, oltre cinquant’anni, sempre con problemi economici e impegnato nella raccolta fondi on line, che fossero per Carola Rackete, per le ong o per il Comitato della Croce Rossa di Bergamo nella lotta al Coronavirus.

Nascono dunque gruppi e gruppetti, “come l’Arcipelago delle Sardine, con la mission del tam-tam per le elezioni in Puglia”. Come un partito dilaniato da correnti interne: ”C’erano tensioni. Forti. Ci si divideva tra chi credeva nel movimento e chi obbediva a testa china a Santori. Questo non ci ha impedito di organizzare alcuni eventi come quello in piazza Duomo a Milano e altri”.

I CONTRASTI FRA LE SARDINE E GLI ORDINI DALL’ALTO

Il 14 dicembre ci fu il grande appuntamento nazionale delle Sardine in piazza San Giovanni a Roma; il giorno dopo, ecco l’assemblea programmatica al centro sociale Spint-Time (il palazzo ai cui abitanti il cardinale elemosiniere del Vaticano, Konrad Krajewski, promise di pagare le bollette della luce). Il tema dell’assemblea era: fine della Piazza e inizio di una nuova “Cosa”.

Nascita di un vero e proprio movimento politico organizzato? Decisamente no: mille gruppetti di Sardine divise su tutto, anche per questioni campanilistiche. “L’incazzatura di chi pensava che le Sardine fossero qualche cosa di spontaneo e di nuovo, saliva sempre di più. Quel giorno Mattia Santori ci disse, in sostanza, che la seconda fase sarebbero state le elezioni in Emilia Romagna. Gli chiedemmo di fare almeno una piattaforma politica. Ci rispose che non era ancora il momento, che dovevamo avere fiducia e pazienza. E poi pretese che in un’ora ogni Regione presente redigesse un programma politico”, ricorda il pentito.

Spaccatura inevitabile fra chi voleva dare basi solide e un futuro a questa avventura e chi “pendeva dalle labbra di Santori“, con forti contrasti anche in seno al nucleo originario. “Tutto questo, peraltro, in una situazione in cui la comunicazione era ridotta praticamente a zero. Si parlava soltanto attraverso una chat alla quale erano ammesse 200 persone”.

IL FUORIUSCITO DALLE SARDINE E LA FINE DELLA SUA AVVENTURA

L’11 gennaio ecco il comitato regionale delle Sardine della Lombardia, che elesse “un coordinamento in stile Cencelli” per spartire i posti tra la corrente di Regondi, quella di Cavallo e l’Arcipelago. “Da lì in poi fu guerra civile e Santori commissariò Milano: Cavallo è tuttora il suo uomo”. Il 26 gennaio ci fu il voto in Emilia Romagna e Santori annunciò: “Se vinciamo in Emilia inizia la vera fase due: faremo un convegno“, che era fissato a Scampia il 14 e il 15 marzo.

A febbraio furono indette assemblee regionali per indicare i delegati da mandare a Scampia. “In realtà li scelse tutti Santori“, secondo D. H. Fabio Cavallo intanto aveva “boicottato un flash mob milanese contro la Lega adducendo come motivazione il fatto che lo aveva organizzato una Sardina che si era presentata dicendo di non essere nè di destra nè di sinistra”.

L’epilogo è triste per chi ci aveva creduto: “Oramai avevano perso ogni forma di pudore: controllavano anche i nostri comportamenti sui social, on line. E ce lo dicevano. Le Sardine si stanno spegnendo”, è la sentenza del pentito, prima di chiudere con un’altra bordata a Santori: “Forse dovevamo sceglierne uno più credibile da mandare in tv”.