Le Sardine sono il movimento del momento, questo è noto. Vi abbiamo riportato la lettera inviata a Repubblica dai quattro fondatori e sui social network il dibattito è accesissimo. Il frontman è decisamente Mattia Santori, anche se la rete ha tenuto a precisare che non ci troviamo di fronte alla situazione dell’uomo solo al comando. Ecco le parole di Jasmine Cristallo ai microfoni di Otto e mezzo: «Definirlo leader significa snaturare l’idea di questo movimento, che è un movimento orizzontale. Mattia ha avuto insieme ad altri ragazzi l’idea bellissima di un flash mob che ha prodotto un’eco nell’intero Paese». Prosegue la Cristallo: «Poter pensare che qualcuno si possa mettere a capo di una tale moltitudine è un po’ difficile: è stato portavoce, ha portato avanti delle nostre istanze. Il flash mob è diventato altro: è diventato voglia e desiderio di riscatto, desiderio di poter dare voce a chi per un bel po’ di tempo si è sentito di non averne più e di non avere più nessuno disposto ad ascoltare». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



SARDINE: “ITALIA IN RIVOLTA, NOI MAI UN PARTITO”

Le Sardine non faranno un partito. Almeno, non nell’immediato: questo il sunto della lunghissima lettera inviata dai quattro fondatori del movimento 6000sardine che dal 14 novembre scorso, con il primo flash mob in Piazza Maggiore a Bologna hanno dato ufficialmente sfida al “sovranismo-populismo” di Lega e Fratelli d’Italia. Andrea Gareffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni hanno scritto a Repubblica la lettera dove fare il “punto” dopo i successi di un mese di piazze, culminate con il primo raduno nazionale di sabato scorso a Roma in Piazza San Giovanni e con il conseguente “manifesto programmatico” redatto il giorno dopo nella sede del palazzo occupato già simbolo della lotta agli sgomberi per i centri sociali di sinistra. «Avevamo scatenato un maremoto a nostra insaputa. Imprevisto quanto insperato. Quei giornalisti che nei giorni precedenti ci avevano ignorato sarebbero diventati la nostra ombra», parlano le Sardine dopo che per un mese – e ovviamente tutt’ora – si parla di possibili sbarchi in politica per un potenziale nuovo partito. Leader Santori, diffusione tramite social e 6 punti programmatici che esprimono tutta la distanza e lontananza dalle politiche di Salvini e Meloni: la via sembra tracciata, ma per il momento le Sardine non intendono proporsi come entità nazionale alle urne.



LA LETTERA DELLE SARDINE E I 6 PUNTI PROGRAMMATICI

«L’Italia è nel mezzo di una rivolta popolare pacifica che non ha precedenti negli ultimi decenni. La forma stessa di un partito sarebbe un oltraggio a ciò che è stato e che potrebbe essere. E non perché i partiti siano sbagliati, ma perché veniamo da una pentola e non è lì che vogliamo tornare», scrivono ancora le Sardine nella lettera a Repubblica, lamentando chi chiede loro di dare una definizione di cosa sono e cosa vogliono, «Chiedere che cornice dare a una rivolta è come mettere confini al mare. L’unica certezza che abbiamo è che siamo stati sdraiati per troppo tempo». Nella lettera si ripercorre la “giovane” vita di questo mese sardinante, con bordate ai media e alla comunicazione politica oltre che agli altri partiti: «Liberi di esprimere pacificamente un pensiero e di farlo con il corpo, contro ogni tentativo di manipolazione imposto dai tunnel solipsistici dei social media». Nel frattempo ieri a Piazzapulita, il “portavoce” delle Sardine Mattia Santori ha ribadito quali sono i punti in gioco di “richiesta” alla politica per opporsi al “salvinismo” e allo stesso tempo per far rinascere la Sinistra in Italia: come già ribadito in Piazza San Giovanni a Roma, Santori ripete «Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica invece che fare campagna elettorale permanente; Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente su canali istituzionali; Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social network; Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini il più possibile alla verità; Pretendiamo che la violenza, in ogni sua forma, venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica; Chiediamo alla politica di rivedere il concetto di sicurezza e, per questo, di abrogare i decreti sicurezza attualmente vigenti».