Sulle pagine del quotidiano La Verità il leghista Rossano Sasso – peraltro membro della Commissione Cultura, scienza e istruzione – è tornato a parlare del dibattito sull’educazione sessuale a scuola e (soprattutto) su quella che lui stesso definisce ‘ideologia gender‘ e che ha deciso a porre al centro di una personale guerra per evitare che entri di prepotenza a scuola danneggiando bambini, ragazzini ed adolescenti; pur ribadendo che in ogni caso il governo resta aperto al “dibattito con i soggetti interessati in merito all’educazione sessuale e affettiva”.
Facendo un passetto indietro, prima di arrivare al fulcro della sua opinione, Rossano Sasso ci tiene a mettere in chiaro che dal conto suo l’ideologia gender è “la volontà di influenzare a tutti i costi i nostri ragazzi fin dal primo ciclo delle elementari” al fine di superare il “binarismo sessuale [e] decostruire gli stereotipi di genere” che fino ad ora hanno portato – elenca – a question come “le carriere alias (..), i bagni gender free o le circolari con gli asterischi”; precisando ancor più chiaramente che “tutelare le persone con disforia è più che giusto“, ma non se a farlo è “un professore” che intende “sostituirsi all’autorità giudiziaria”.
Rossano Sasso: “L’ideologia gender è un’operazione commerciale propagandistica”
Entrando nel merito del dibattito che si è creato attorno alla scuola, il deputato Sasso ci tiene a dirsi “da insegnante” favorevole all’insegnamento dell’educazione sessuale “a partire dai 12-13 anni” trattando questioni fondamentali come “le gravidanze indesiderate o [la] prevenzione di malattia sessualmente trasmissibili”, lasciando fuori tutta la popolazione di “bambini” e – forse soprattutto – “gli esponenti di Pd o Arcigay“.
Questo attuale clima di transizione, gender e fluidità Sasso lo ricollega ad una sorta di “bombardamento ideologico” a cui vengono sottoposti bambini e ragazzini, messo in atto da “influencer e opinion maker che dicono (..) quanto sia brutto essere rinchiusi nel recinto della sessualità decisa alla nascita”; il tutto avallato da certi “insegnanti” che parlano di pronomi e dai “rapper” in una sorta di “operazione commerciale [che è] anche propaganda“.