Per il presidente del Parlamento Europeo il Recovery Fund è stato e sarà uno strumento fondamentale per far ripartire l’Europa dopo la pandemia ma da solo non può bastare: «io penso a strumenti permanenti. E il fondo di ripresa potrebbe anche essere replicato presto perché la crisi è profonda e non sappiamo dove ci porterà. Abbiamo bisogno di investire sul lavoro. E non è da escludere che avremmo ancora bisogno degli acquisti di titoli da parte della BCE anche dopo marzo del prossimo anno».
Lo spiega David Sassoli (Pd) nella lunga intervista al “Messaggero” dopo il varo del Dl Recovery del Governo Draghi con la strutturazione della governance per gestire il PNRR da qui fino al 2026. Se l’ emissione dei bond per il Fondo di ripresa e resilienza a livello europeo sarà un successo, annota ancora Sassoli «tutti capiranno che è conveniente. Gli strumenti Ue sono soggetti davvero al tema della convenienza e anche molte diffidenze che ci sono state in passato, penso allo Sure o la sospensione del patto di stabilità e crescita, alla fine sono state superate. E’ la crisi che ci fa crescere. Ma vedo qualche insidia».
IL RECOVERY E LE INSIDIE
La principale insidie per il Next Generation Eu, e in particolare sul Recovery Plan dei Paesi più in crisi sul fronte debito come l’Italia, è rappresentata da alcuni «rigoristi presenti anche nella Commissione europea, di procedere a un esame dei piani nazionali con criteri vecchi, basati su una interpretazione classica di riforma strutturale, con tutto ciò che questo comporta in termini di limitazione delle politiche ammissibili». Il timore per i “falchi” – in stile Rutte-Olanda, Kurz-Austria o Paesi scandinavi – è radicato in Sassoli tanto che fa un appello a tutta l’Europa per scongiurarlo: «Se abbiamo imparato una cosa da questa crisi, è che imporre piani di risparmio sui sistemi sanitari, sull’istruzione, la giustizia o la sicurezza, sarebbe disastroso poiché si tratta di beni pubblici che, con la pandemia, abbiamo capito quanto siano preziosi per la vita dei cittadini». Per sventare l’allarme, spiega ancora il n.1 dell’Europarlamento, occorre non ripetere in sostanza l’errore madornale fatto nel 2008 dopo la grave crisi economica dell’anno precedente: «voler aggiustare i conti pubblici a scapito degli investimenti. Non è un caso che diversi Stati membri abbiano registrato un drastico calo dei loro investimenti pubblici arrivando allo 0,1% del PIL – praticamente zero – nel periodo 2010-2018. Dobbiamo evitare uno scenario del genere e prestare la massima attenzione alla composizione e alla qualità delle finanze pubbliche per una ripresa sostenibile». Al di là del superamento necessario del Patto di Stabilità, come più volte auspicato dallo stesso Mario Draghi, per Sassoli occorre puntare sul futuro e investire su istruzione, ricerca, transizione verde, ospedali, infrastrutture sostenibili: «a quel punto diventa un debito buono, per usare l’espressione di Draghi, e un tale debito è sostenibile».