Un anno e mezzo di carcere per il capoclan Francesco Bidognetti e un anno e due mesi all’avvocato Michele Santonastaso. Queste le condanne decise dalla quarta sezione penale di Roma per le minacce allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione, fatte in aula durante il processo di appello “Spartacus” a Napoli ai boss dei Casalesi. Invece è stato assolto per non aver commesso il fatto l’avvocato Carmine D’Aniello. Erano accusati di minacce aggravate dal metodo mafioso. L’avvocato Santonastaso lesse un documento che sembrò diverso nel suo significato rispetto al senso enso letterale delle parole. Fece una richiesta di ricusazione della Corte sostenendo che si era fatta condizionale dal libro “Gomorra” di Roberto Saviano e dagli articoli della giornalista del “Mattino”, Rosaria Capacchione.



Era il 26 dicembre 2008 e i pm della Dda di Napoli interpretarono quell’intervento come un proclama di minacce indirizzate allo scrittore, alla cronista e ai pm che condussero le indagini, Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho.

SAVIANO “LA MIA VITA COMPROMESSA PER SEMPRE”

Roberto Saviano viveva già sotto scorta, invece nei giorni successivi fu assegnata anche alla collega Rosaria Capacchione. «Furono per me giornate infernali, fui trasferito immediatamente e fu rafforzato il mio dispositivo di protezione. Avevo già la scorta, ma da quel giorno la mia vita è stata compromessa per sempre», ha commentato il giornalista e scrittore sui social dopo aver appreso della sentenza. «Dopo 15 anni sotto scorta, chi mi ha minacciato ha un volto e un nome. Certo, l’aveva anche prima, ma, ancora una volta, è una sentenza a stabilirlo», la premessa fatta da Saviano nel suo post. Poi ha voluto concludere il suo intervento con una auto citazione: «Oggi, mi va di riprendere le ultime parole di Gomorra, le parole di un ragazzo di 26 anni che non sapeva ciò che avrebbe affrontato. Posso farlo ripensando a me con tanta tenerezza e con una punta di orgoglio: Maledetti bastardi, sono ancora vivo!».



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