Roberto Saviano vs Regione Lombardia, capitolo 3: dopo l’articolo-denuncia mandato a Le Monde sul presunto sistema “mafioso” e “truffaldino” che sottende tutte le ultime gestioni della Regione più ricca d’Italia (dalla Lega fino a Formigoni) – colpevole secondo il romanziere di aver determinato la catastrofe sanitaria di morti e contagi da coronavirus in questi ultimi due mesi – e dopo lo scambio di lettere a Repubblica in merito alla risposta puntuale che Comunione e Liberazione ha fatto allo stesso Saviano per essere stata tirata in ballo nelle denunce su inchiostro dello scrittore di Gomorra, ora il protagonista e principale editorialista di “Rep” torna alla carica e prosegue nell’attacco univoco alla Lombardia e all’intera gestione sanitaria, politica e sociale disegnandola come responsabile di tutte le nefandezze possibili.
«La regione più grande d’Italia ha collassato perché ha distrutto il suo tessuto sociale, e questo non lo ha fatto certo il virus, è accaduto prima. Quelli che oggi pensano che alla fine ai lombardi basterà tornare allo shopping e agli aperitivi, per tornare a essere quelli di prima, stanno offendendo per primi quel dolore che merita spiegazioni, che merita di sapere le cose come sono andate», spiega Saviano nel nuovo articolo apparso oggi su Repubblica.
SAVIANO E IL “GARANTISMO”
Questa volta Saviano per attaccare la Lombardia va a recuperare il concetto di “garantismo” per dimostrare come chi oggi replica che le sue accuse (morti in Rsa, direttive sui materiali e ritardi nel contenimento del virus) sono del tutto infondate e senza prove fattuali, in realtà «menta spudoratamente»: «Cosa è stato il Garantismo in Italia negli ultimi 25 anni? Dove è rintracciabile quell’equilibrio tra Diritto e giustizia sociale? Io credo in pochissimi ambiti, ed è per questo che non esiste una cultura garantista di massa, ma solo una sotto cultura “diversamente giustizialista” che si oppone a quella dichiaratamente giustizialista. E lo fa per difendere i privilegi di chi ha ricchezza e potere, fermandosi appena si fa forte il “tanfo” della povertà e della marginalità».
Poi l’attacco assume i concetti anche più coloriti, «garantismo italiano negli ultimi 25 anni è stato maggioritariamente una storia di puttane, che hanno sbandierato Beccaria solo per vendersi meglio. Questa è la matrice culturale che anche oggi, al cospetto della più grande tragedia dal dopoguerra, sta portando molti sedicenti garantisti a chiedere a gran voce che i processi non dovranno farsi nei Tribunali, che è un modo per dire che processi non dovranno esserci. Eppure, un garantista dovrebbe conoscere bene la natura del processo, che nasce per accertare i fatti, e non la verità». Secondo Saviano oggi il garantismo vero c’è solo nelle carceri, a bordo delle Ong salva-migranti e praticamente da nessun altra parte: «il Garantismo italiano è morto quando si è venduto a Berlusconi, prima, e ora a Salvini. Poiché mai sono stati negli ultimi anni dalla parte degli ultimi. E oggi, come era ovvio, sono sulle barricate nel tentativo di sventare i processi e, per farlo, dicono e scrivono che non si processa lo spirito lombardo».
SAVIANO E LA LETTERA DELL’INFERMIERA LOMBARDA
Infine Saviano attacca anche chi prova a difendere con argomenti di assoluta buona fede sul fatto che la Regione Lombardia non è solo “denaro” e “produttività” ma è anche tessuto sociale, volontariato, una positiva concorrenza privato-pubblico che mira all’eccellenza: «anche quelli che, in buona fede, protestano la necessità di difendere un sistema di relazioni sociali, culturali ed economiche virtuose, non comprendono il rischio di non elaborare il lutto, per non guardarsi a fondo dentro. Ma le loro argomentazioni non sono convincenti: se la Lombardia non va criticata perché produce il 25% del pil nazionale, allora sappiate che dietro l’angolo c’è il collasso morale». Tra qui “difensori” vi è anche una coraggiosa e sconosciuta infermiera lombarda di 24 anni che ha voluto prendere sul serio l’invito fatto da Saviano nella durissima replica contro la lettera di Comunione e Liberazione a Repubblica di raccontare le esperienze sul territorio di medici e sanitari che hanno avuto a che fare con il sistema sanitario Formigoni-Lega.
«Mi incuriosisce sapere perché, se diciamo che andrà tutto bene e che la vita possa diventare più bella, la sua posizione sul futuro è riassunta da un articolo pieno di polemica, di condanne per chi ha sbagliato, di rabbia e di tristezza. Essere privati di tutto non ha cambiato niente? Non ha mosso il cuore alla compassione? Perché, al posto di desiderare un futuro di rinascita, l’unica cosa che propone è processare chi è venuto meno ai suoi doveri? Io non difendo le persone che possono aver sbagliato ed è giusto guardare in faccia gli errori, ma non per condannare ed eliminare qualcuno, ma per far sì che questi errori possano aprire a uno spiraglio di cambiamento», scrive l’infermiera nella lettera, concludendo con un «Auguro a tutti che questo tempo inaspettato possa veramente portare uno sguardo di novità sulle cose. A me sta capitando». Alla stessa ragazza, Saviano dedica l’inizio del suo nuovo articolo di accuse di oggi: «Avevo appena finito di scrivere l’articolo che leggerete di seguito quando mi arriva, tramite questo giornale, la lettera toccante e sincera di una giovanissima infermiera che ogni giorno assiste malati di Covid. Ecco, ho pensato che, senza saperlo, le parole che seguono le avevo scritte proprio per lei».