Nel giorno in cui la città di Bologna ha organizzato un lungo corteo e flash mob allo studente egiziano Patrick George Zakyarrestato in Egitto e detenuto in carcere da giorni senza possibilità al momento di venir liberato – lo scrittore Roberto Saviano lancia una proposta politica e sociale direttamente al Governo Conte e ai Ministri della maggioranza giallorossa: «affinché l’Italia possa tutelarlo anche formalmente proponiamo che il Governo gli conferisca la cittadinanza italiana». L’autore di Gomorra riassume nel post dove campeggia la foto-murales dell’abbraccio simbolico tra Giulio Regeni e Zaky la storia recente di questo studente e attivista Lgbt: «Doveva tornare qualche giorno fa in Italia, a Bologna, la città dove sta studiando. Ma a Bologna Zaki non è mai tornato, perché è stato prelevato in aeroporto, incarcerato e torturato per ore dalla polizia del Cairo». Invece durante la vacanza nel suo Paese (regalo della famiglia) è stato arrestato senza motivazioni ufficiali dalle forze dell’ordine del Cairo: «Zaki studia questioni di genere, si occupa di diritti delle donne e di tematiche LGBT. Per questo, e solo per questo, il governo egiziano lo reputa una minaccia. Per i tanti che stanno scendendo in piazza in questi giorni Zaki è già cittadino italiano». Per Saviano il conferire la cittadinanza allo studente che rischia la medesima fine di Regeni – secondo Amnesty International e secondo lo stesso Parlamento Europeo nella voce del Presidente Sassoli – sarebbe l’unica mossa per poter garantire a Zaky protezione e attenzione per i diritti: «DEVE tornare il prima possibile in Italia e a Bologna, a casa sua, tra i suoi amici e colleghi di studi, nel Paese che già l’ha accolto e che non vede l’ora di riabbracciarlo».



ROBERTO SAVIANO “CITTADINANZA A ZAKY”

La richiesta di Saviano verrà rilanciata anche dal corteo per le vie di Bologna e dalle stesse Sardine che subito hanno aderito alla battaglia per l’immediata scarcerazione di Patrick Zaky: nelle ultime ore monta la polemica per la risposta ufficiale data dal Parlamento egiziano prima e poi dalla Procura di Mansura alle parole filtrate ieri, tramite l’avvocato, dello studente dell’Università di Bologna. «Mi hanno tenuto bendato per 12 ore. Mi hanno picchiato in viso. Mi hanno fatto spogliare e mi hanno chiesto della mia ong e di alcuni post su Facebook, ma io non ho fatto nulla», così aveva raccontato durante l’udienza di sabato a Mansura, Patrick George Zaky. La Procura però ribalta completamente la versione: «Nessuna tortura in carcere per Patrick George Zaky» e inoltre invitano i media rispettare la versione ufficiale della storia. Ma il problema è proprio ricostruire la piena verità su una vicenda tanto oscura quanto delicata: «L’imputato non ha fatto nessuna menzione di maltrattamenti fino a quando non è comparso di fronte al magistrato. E’ stato interrogato alla presenza di un avvocato» ribadisce la nota della Procura di Mansura. Nel frattempo, dopo l’appello lanciato dall’Ue nei giorni scorsi diretto a Il Cairo, il vice presidente di Al Sisi (Soliman Wahdan) risponde a tono «le dichiarazioni di Sassoli hanno superato tutti i limiti e rappresentano un’aggressione alla sovranità dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario dell’Egitto». Sassoli aveva rivendicato per l’Europa possibili azioni conseguenti agli atti di cui l’Egitto si sarebbe fatto colpevole «Secondo Amnesty International, Zaky è stato interrogato, picchiato e torturato per 17 ore – afferma il Presidente del Parlamento Europeo – ora è in stato di fermo da parte delle autorità egiziane. Voglio ricordare alle autorità egiziane che l’Ue condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani e civili, come ribadiamo in tutte le nostre risoluzioni».