Con un lungo editoriale sul “Corriere della Sera” Roberto Saviano prende spunto dal tema delle mafie per andare ad attaccare uno dei valori principali della cultura e storia europea, la monogamia. «Nelle organizzazioni criminali italiane, la “regola della monogamia” è ancora ritenuta l’elemento fondamentale per misurare valore e affidabilità degli affiliati», scrive lo scrittore di “Gomorra” considerando dunque il legame unico di una coppia (sancito dall’ordinamento civile nel matrimoni o nell’unione civile) un fattore che ha “permesso” il crescere delle “regole” mafiose.
Serve all’Italia una sorta di “liberazione sessuale”, letta da Saviano come una liberazione dal concetto di monogamia: si tratterebbe, spiega lo scrittore, di un vero «atto antimafia». Così argomenta Roberto Saviano: «Una morale per cui il sesso è male, va praticato in circostanze limitate, riscattato col sentimento dentro un impegno monogamico. Una morale ipocrita che rende “mafioso” il nostro linguaggio, facendo utilizzare in modo aberrante alcune espressioni, da “amante” a “tradimento”, o alcuni termini sessuali, adoperati come strumenti di insulto». Per Saviano vi è una stretta connessione tra monogamia e mafia, prosegue, mentre «Scegliere la vita, la sessualità libera da vincoli, proclamare la normalità di un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia. Anzi, è l’atto antimafia più forte che possa esistere».
SAVIANO, LA MONOGAMIA E I DUBBI (FORTI) CHE RESTANO
L’Italia è un Paese sostanzialmente bigotto, conclude Saviano, perché «ha una morale che ritiene che il sesso sia male»: ebbene, questa morale «ipocrita rende mafioso oltre che maschilista il nostro linguaggio dalle “corna” al “tradimento” […] Di fronte alle quali la morale comune impone una reazione che sia di riprovazione, di stigmatizzazione, finanche di vendetta». Sono parole durissime e – quantomeno personalmente – difficili da condividere quando da un oggettivo problema (la forza dei sistemi mafiosi) si estendere una teoria tutt’altro che “solida” come, «la colpa va imputata al concetto di monogamia». Tra i tanti e svariati commenti sotto il post su Instagram ve n’è uno che segnaliamo: si tratta di Francesca Barra, giornalista e scrittrice (oltre che moglie dell’attore Claudio Santamaria) che in maniera netta e senza tanti giri di parole lancia una domanda diretta a Saviano. «Non ho capito Roberto, quindi per combattere le mafie bisogna demonizzare i valori su cui si posano anche i rapporti familiari di persone oneste, che si amano, si rispettano? Non esisto solo l’ipocrisia, l’errore, ma anche una scelta monogama libera, consapevole, felice e onesta», scrive la Barra. Ecco, non possiamo che sottoscrivere il quesito, quantomeno per capire meglio cosa intenda lo scrittore partenopeo quando scrive, «Scegliere la vita, la sessualità libera da vincoli, proclamare la normalità di un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia». Dire che chi è mafioso è monogamo (e questo passi) significa davvero poter sostenere che chi è monogamo asseconda allora un atteggiamento di radice mafiosa? E soprattutto, d’ora in avanti chi “mette le corna” in realtà compie un atto contro le mafie e dunque legittimamente giusto? Ci dispiace, ma questo ci sembra troppo.
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