“In una struttura dove la capienza massima è di poco più di 200 persone, attualmente ce ne sono più di 1.300” dice Mauro Indelicato, giornalista di InsideOver esperto di problemi migratori. È la situazione dell’hotspot di Lampedusa e rende bene, più di tanti discorsi, l’incremento degli arrivi che si registra negli ultimi giorni.
A rinforzare la rotta del Mediterraneo centrale ci sono arrivi dal settore occidentale e non solo: “tra i migranti sbarcati in questo 2021 in Italia” fa notare Indelicato “il gruppo di gran lunga più numeroso è formato da immigrati del Bangladesh”.
Sulla politica migratoria è Draghi a decidere, secondo Indelicato, ma sul governo si esercitano le pressioni della linea aperturista – talvolta senza se e senza ma – del Partito democratico. Draghi vuole inserire il dossier nella prossima agenda del Consiglio europeo.
È vero che sono aumentati gli arrivi?
A partire da sabato un flusso importante di sbarchi ha iniziato a interessare soprattutto l’isola di Lampedusa. Dopo giorni di tregua, il ritorno di condizioni meteo ideali per le traversate ha permesso l’arrivo di diverse imbarcazioni e i numeri lo hanno ampiamente dimostrato: sabato sono arrivati più di mille migranti, nei giorni successivi la situazione non è cambiata.
Dunque tregua finita?
Il mese di giugno ha soltanto dato l’illusione di una diminuzione della pressione migratoria: i trafficanti dall’altra parte del Mediterraneo hanno semplicemente atteso il ritorno del mare calmo per far partire quanti più barconi possibili.
Le informazioni che vengono da Lampedusa sono contradditorie. Prima l’hotspot è pieno e il sindaco Martello chiede un vertice a Draghi; poi lo stesso sindaco dice che la situazione è sotto controllo. Come stanno le cose?
Sull’isola la situazione è sotto controllo, dentro l’hotspot no. Credo che il sindaco Martello abbia voluto rimarcare le difficoltà all’interno del centro di accoglienza, ma al tempo stesso tranquillizzare sulla situazione generale di Lampedusa.
Cosa dicono i numeri?
In una struttura dove la capienza massima è di poco più di 200 persone, attualmente ce ne sono più di 1.300. Un contesto molto difficile da gestire e che potrebbe creare apprensione anche nella popolazione, del resto l’emergenza sanitaria non è mai del tutto terminata e i cittadini potrebbero temere contagi o nuovi focolai.
Una previsione?
Se i flussi dovessero proseguire con gli attuali ritmi, è chiaro che il sistema di accoglienza potrebbe correre verso il collasso.
Cosa sta facendo il governo a fronte di questi arrivi?
Si sta muovendo soprattutto sul fronte diplomatico. Da un lato chiedendo maggiore solidarietà all’Europa sui ricollocamenti, dall’altro dialogando con i Paesi extraeuropei da cui si originano buona parte dei flussi migratori. La strada che Draghi vuole provare è quella diplomatica, lo dimostrano i recenti viaggi diplomatici di alcuni suoi ministri e la volontà di inserire l’immigrazione tra i punti all’ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo.
Perché le Ong non sono in mare?
Molte navi sono sotto fermo amministrativo, l’ultima in ordine di tempo è stata la tedesca Sea Watch 4. Per i rappresentanti delle Ong si tratterebbe di una strategia volta a limitare i salvataggi in mare, in realtà ci sono delle regole a cui attenersi e che la guardia costiera deve far rispettare, attuando quindi anche i fermi.
Ti risulta che la rotta del Mediterraneo centrale stia ricevendo afflussi di altra provenienza?
C’è un dato su tutti che impressiona: tra i migranti sbarcati in questo 2021 in Italia, il gruppo di gran lunga più numeroso è quello formato dai cittadini provenienti dal Bangladesh. Segno di come la rotta centrale è alimentata anche da persone partite da contesti diversi da quelli “tradizionali”.
Dunque la tratta che confluisce lungo le coste italiane è il canale al momento più aperto. Come si spiega?
Tra gli stessi migranti si è generato un vero e proprio passaparola in tal senso. La chiusura poi delle frontiere di Ceuta, dopo i recenti screzi da Marocco e Spagna, ha spostato ulteriormente le attenzioni sul Mediterraneo centrale.
I porti aperti e il passaparola favoriscono le partenze. Per diminuire gli arrivi occorre limitare le partenze dalla Libia, ma i flussi si governano solo a monte e intervenendo contro le rotte dei trafficanti.
Si può dire che una cosa non esclude l’altra. Si può intervenire nell’emergenza con approcci volti a diminuire l’immigrazione nel breve termine, così come si può pensare a una più ampia visione di intervento la cui funzione sia quella di risolvere le cause che generano i flussi migratori. Per adesso l’Italia e l’Europa si sono mosse unicamente sul primo fronte, riuscendo a strappare accordi per tamponare le emergenze come accaduto con il memorandum con la Libia del 2017. Si tratta di misure che aiutano ad arginare i flussi, ma i nodi poi sono destinati a venire immancabilmente al pettine e i problemi puntualmente si ripresentano. Nel nostro Paese e nel vecchio continente manca una visione precisa di come intervenire nel lungo periodo.
A tuo modo di vedere la nostra politica migratoria è saldamente nelle mani di Draghi o ci sono zone di indeterminazione soggette a pressione politica?
La linea sulla politica migratoria è ben salda nelle mani di Mario Draghi, in primo luogo per una precisa indole caratteriale del presidente del Consiglio. Allo stesso modo di come ha tenuto per sé fino all’ultimo la lista dei ministri prima dell’insediamento, anche sull’immigrazione il capo del governo sta operando in questa maniera, partendo cioè da una sua linea ben precisa e senza lasciare zone grigie. Chiaro poi che attorno all’argomento ci sono pressioni molti importanti, gestirle fa parte del suo mestiere ed è parte integrante delle attività di un capo del governo.
A chi ti riferisci?
All’interno della maggioranza c’è chi preme, come nel caso del Pd, per una linea volta all’accoglienza. Dall’altro lato, Salvini invece ha più volte fatto sapere di volere maggiore incisività. Due visioni nettamente differenti che esercitano su Palazzo Chigi una forte pressione.
Con quali ricadute?
Tutto questo ovviamente può creare incertezza a lungo termine, così come scontri tutti interni alla maggioranza. Però, come detto, al momento la linea è dettata unicamente dalla presidenza del Consiglio.
Draghi al vertice Nato di ieri ha chiesto all’alleanza “un focus costante sull’instabilità della regione mediterranea”. È un auspicio realistico? O tanto vale agire da soli?
Agire da soli oggi è molto difficile, non riesce più nemmeno la Francia che infatti ha annunciato il ritiro dal Mali. L’instabilità mediterranea colpisce tutti, anche i Paesi dall’altra parte del Mediterraneo. Credo personalmente che la collaborazione vada ricercata sia tra i governi europei che tra quelli della sponda opposta del mare nostrum. È un auspicio. Vedremo se si trasformerà in qualcosa di realistico.
Per farlo che cosa serve?
La fine del lungo letargo intellettuale che affligge la classe dirigente nazionale e comunitaria.
(Federico Ferraù)
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