Luigi Sbarra chiede un confronto al governo su tasse e salari, anche perché in assenza di risposte la Cisl non resterà ferma. Il segretario generale del sindacato tende la mano alla premier Giorgia Meloni e giudica incoraggianti le parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il quale ha anticipato che la manovra 2025 non sarà lacrime e sangue, anche se sarà necessario far scendere il debito pubblico. Sbarra, però, nell’intervista rilasciata all’Avvenire chiarisce che vuole fare valutazioni su scelte concrete, per questo chiede l’apertura di un confronto sugli interventi, promettendo un «dialogo costruttivo ed autonomo».
Tra le richieste della Cisl c’è la conferma della riduzione del cuneo fiscale per le fasce medio-basse e l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef. L’idea di Luigi Sbarra è di dare «continuità alla defiscalizzazione sui frutti della contrattazione decentrata, a partire da fringe benefit, premi di risultato, accordi di produttività e welfare negoziato». Il leader della Cisl auspica anche l’indicizzazione piena delle pensioni e che vengano rafforzate le politiche sociali, oltre a citare sanità, scuola e lotta alla povertà, senza dimenticare che ci sono i contratti pubblici da rinnovare e un dialogo sulla previdenza inclusiva e sostenibile da riaprire.
SALARI, TASSE E PENSIONI, SBARRA FISSA LE PRIORITÀ DELLA CISL
C’è tanta carne al fuoco, di sicuro i salari, per i quali in molti, tra cui la Banca d’Italia, chiedono di fare di più per farli crescere: secondo Luigi Sbarra bisogna recuperare del tutto ciò che i lavoratori hanno perso per l’inflazione. Ciò è possibile per il leader della Cisl intervenendo sulle tasse per i ceti medi e bassi, promuovendo modelli più partecipativi per intrecciare i salari alla produttività. Bisogna anche «estendere la contrattazione decentrata e applicare i valori retributivi dei contratti leader ai settori ancora non raggiunti dalle relazioni industriali», ma per Sbarra servono anche premi e sanzioni per garantire rinnovi tempestivi quando scadono i contratti. A tal proposito, da parte del segretario della Cisl c’è l’apertura a un confronto anche con gli imprenditori, quindi con le loro associazioni, come Confindustria.
Dal governo e dagli interlocutori sociali, invece, si aspetta un «accordo della responsabilità», citando lo scenario del «grande Patto sociale». Per quanto riguarda le pensioni, Sbarra ritiene vada creata una contributiva di garanzia per i giovani e le donne, ma vanno ideati anche strumenti per incentivare l’adesione alla previdenza complementare. A proposito della sicurezza sul lavoro, Sbarra non è tra i detrattori della patente a punti per le imprese, che ritiene utile, anzi da allargare ad altri settori, pur nella consapevolezza che questo strumento da solo non è sufficiente. «Resta centrale la questione dei controlli, le sanzioni e la formazione che manca, le assunzioni di ispettori e tecnici della prevenzione, la vigilanza sull’intera filiera degli appalti», aggiunge il numero uno della Cisl all’Avvenire.
DALLA SICUREZZA ALL’AUTONOMIA E PREMIERATO
Ad esempio, per la formazione obbligatoria ricorda che c’è il “tesoretto” dell’Inail, così da poter finanziare almeno 4 ore al mese di corsi su salute e sicurezza. Ma tutto ciò non può prescindere da un piano nazionale di prevenzione per Luigi Sbarra, che nell’intervista all’Avvenire viene solleticato anche sull’unità sindacale in relazione al referendum contro l’autonomia regionale. Secondo il leader della Cisl il quesito «non cambierà di una virgola il principio di autonomia differenziata sancito dalla riforma del titolo V della Costituzione voluta nel 2001 da governo e maggioranza di centrosinistra».
In altre parole, pur abrogando la legge Calderoli, resterebbero i riferimenti all’articolo 116 terzo comma, quindi ritiene sia più opportuno intervenire nel merito, definire e finanziare i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), lanciare un fondo di perequazione nazionale per sostenere le Regioni in difficoltà. Infine, Sbarra conferma che ci sono degli aspetti problematici della riforma sul premierato, d’altra parte le democrazie fragili hanno bisogno di governabilità e stabilità, da garantire senza far venir meno, spiega Sbarra, pluralismo, partecipazione, centralità del Parlamento e salvaguardia del ruolo del Capo dello Stato.