A giugno in un precedente intervento avevamo anticipato come fosse stata prossima la scadenza dei versamenti delle imposte Irpef, Ires, addizionali varie, Imu, ecc. La scadenza Imu è passata sotto traccia. I contribuenti hanno pagato, non avendo scelta, attingendo alla loro liquidità e ai risparmi. La scadenza immediatamente successiva prevista per il 20/6 è stata spostata al 20/7 e nel frattempo sono stati introdotti numerosi altri adempimenti, che sono scadenze, per accedere al fondo perduto, al bonus locazione, al bonus sanificazione, a quello vacanze, ecc. Scopriremo in un prossimo intervento che queste nuove scadenze creano, in alcuni casi, false aspettative e superlavoro per i professionisti impegnati. Basti pensare alla mole di istruzioni che l’Agenzia delle Entrate ha emanato per chiarire le modalità per accedere ai diversi bonus che di fatto non sono automatici, ma presuppongono un intervento esterno qualificato.
Fino al mese scorso ci venivano date informazioni sull’accesso al credito previsto dal decreto liquidità. Sulle difficoltà in materia, malgrado le garanzie Sace, si è scritto e detto molto. A oggi siamo nella terra di nessuno. Nessuno sa più niente, per cui o tutto sta funzionando per il meglio o non se ne parla per evitare di rigirare il dito nella piaga.
Per le famiglie, le imprese e i professionisti quest’anno l’appuntamento con il fisco giunge alla fine del lockdown e appare sempre più come il cigno nero. Malgrado ciò, il Governo non ne tiene conto in nessun provvedimento, mentre ne teneva conto il Piano Colao, che appariva attento più che profeta. La proposta Colao bocciava l’impostazione del decreto Rilancio ritenuta non in grado di rispondere al bisogno di liquidità delle imprese, e individuava come prioritaria la necessità di rendere liquidi i crediti già presenti nei bilanci delle aziende. La risposta è stata aumentare i crediti di imposta da concedere alle imprese e soprattutto del Piano Colao, dopo gli Stati Generali, non se n’è più sentito parlare.
Una delle proposte del Piano oggi ripresa a gran voce era differire il pagamento delle imposte, ma non mi pare incisiva. Di fatto si chiede alle aziende di rinviare il versamento delle imposte in attesa di indebitarsi con le banche affinché possano versare le imposte, cioè di trasformare il debito verso la collettività in debito verso il sistema bancario. È una proposta che non convince.
La soluzione, se servono soldi alle casse statali, sta nel congelare molti dei crediti di imposta creati dal decreto rilancio per concentrarsi su una logica di lungo periodo. Solo così si potrà differire per un periodo più lungo il pagamento delle imposte in scadenza rendendo fluido l’ingorgo fiscale verso il quale stiamo andando.
Il Covid ha reso evidente la necessità delle riforme che sono la strada maestra e la leva fiscale è un passo ineludibile. La proposta Colao riconosceva come la sfida da vincere fosse quella di portare liquidità nelle casse delle aziende. Il blocco delle attività causato dal lockdown ha alterato la formazione dei cash flow aziendali. Le aziende chiuse e in ripartenza, infatti, hanno continuato a pagare i costi fissi e in casi diffusi hanno anticipato la Cig ancora in attesa di essere liquidata. Si è assistito a un drenaggio di liquidità che si deve fronteggiare lasciando nelle casse aziendali la liquidità disponibile. Se non si vuole differire sine die il versamento delle imposte si conceda una dilazione più ampia delle 4 o 5 rate previste e si blocchi il pagamento degli acconti rinviandolo al saldo del prossimo anno.
La politica deve convincersi che non può limitarsi a guardare i sondaggi settimanali, ma deve guardare alla scadenza elettorale del 2023. L’Italia ha bisogno di una strategia, altrimenti i Paesi frugali avranno gioco facile a opporsi a ogni intervento in nostro favore sottolineando l’inefficienza delle misure sin qui adottate.
La sentenza Apple pronunciata mercoledì ha di fatto dato un colpo all’unione fiscale. Se l’Irlanda può, se l’Olanda può, allora dovremo potere anche noi essere fiscalmente ambiziosi.