Greta Gila, modella ungherese vittima di un terribile errore investigativo che l’ha costretta a stare 74 giorni in carcere a Civitavecchia, in quanto accusata di essere una narcotrafficante, è intervenuta in esclusiva ai microfoni di “Storie Italiane”, trasmissione di Rai Uno condotta da Eleonora Daniele. La giovane, in collegamento audiovisivo, ha ripercorso quei giorni terribili: “Ho ricevuto un messaggio per un lavoro come modella e volevo cogliere l’opportunità di andare a Tokyo. Mi hanno inviato tutti i dettagli via posta elettronica: l’orario del volo per l’Italia, il luogo in cui dovevo incontrare il produttore e l’assistente del produttore”.
Alle 11 di sera, qualcuno ha bussato alla porta della sua stanza d’hotel: “Era la costumista, ci siamo salutati, è entrata, ha chiuso la porta, ma quando lei si è seduta e stavo per girarmi, mi sono resa conto che c’era qualcuno dietro di me, c’era un uomo vestito di nero alle mie spalle. Ero sotto choc. Sono poi entrate altre persone nella stanza, hanno iniziato a gridare ‘polizia’. Il giorno dopo mi dissero che mi avrebbero portato al commissariato per un interrogatorio e io risposi che ero d’accordo. Immediatamente sono stata invitata a sedere in una stanza e mi hanno detto che ero in arresto. Stava succedendo qualcosa di grave”.
GRETA GILA: “LA POLIZIA NON MI CREDEVA”
Nel prosieguo del racconto della vicenda di Greta Gila, l’avvocato della modella, Massimiliano Scaringella, ha asserito: “La costumista del servizio, di origini brasiliane, aveva nella valigia, unitamente ai vestiti che dovevano servire da prova per il servizio fotografico, circa 10 chilogrammi di cocaina. A quel punto è prassi in questo tipo di indagini proporre la consegna guidata alla persona che viene fermata, con la polizia che le propone di scortarla fino a colui che attende questa sostanza. Così, nella hall dell’albergo il titolare dell’agenzia (evidentemente il vero destinatario della droga, ndr), mise un biglietto per la costumista, nel frattempo divenuta esca della polizia, in cui le disse di andare da Greta e non da lui”.
Oggi Greta e il suo legale hanno presentato richiesta di risarcimento danni allo Stato italiano per 100mila euro: “È stato veramente un momento molto difficile a livello psicologico. Chiedevo di essere lasciata andare, dicevo che non ero colpevole, però alla stazione di polizia mi rispondevano che era impossibile, che non potevano lasciarmi andare. In prigione ho ricevuto un aiuto spirituale e continuavo a chiedermi perché fosse successa questa cosa proprio a me”. L’avvocato ha poi precisato di avere tranquillizzato Greta Gila e la sua famiglia, facendosi aiutare da tutti loro per ricostruire quella storia: “La Procura di Civitavecchia è stata sensibile, ha esaminato la nostra versione dei fatti e l’ha accolta, anche se è passato del tempo, in cui la mia assistita è rimasta dietro le sbarre”.