Potrebbe tranquillamente diventare la sceneggiatura di un film la storia di Alessandro Bazzoni, ristoratore di Verona, che si è visto bloccare tutti i conti in banca perché considerato per quasi 2 mesi un pericoloso trafficante di petrolio con scambi criminali tra il Venezuela e gli Stati Uniti. L’incubo è finito definitivamente il 1 aprile 2021, anche se il vero “pesce” per il protagonista di questo equivoco internazionale è iniziato il 19 gennaio scorso: il titolare del “Dolce Gusto” di Verona, 45 anni e padre di 2 figli, si è visto bloccare conti, pagamenti e carte dal 19 gennaio scorso.



Il motivo? inizialmente nessuno sapeva nulla tanto che nel recarsi alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna il 1 febbraio, Bazzoni ricevette un sonoro “c’è qualche problemino”. A Repubblica il ristoratore racconta l’intera sua odissea che parte proprio dalla visita in filiale: «Arrivo e mi dicono che sono tutti bloccati per un problema con il governo americano. Gli chiedo se mi stiano prendendo in giro ma non ride nessuno. E infatti non c’era proprio niente da ridere». Scambiato per un trafficante di petrolio che vive a Lugano, si chiama Alessandro Bazzoni come lui, ma invece di un ristorante possiede una società da 32 milioni di dollari e avrebbe aiutato il Venezuela a eludere le sanzioni Usa contro l’industria petrolifera di Maduro.



“MIO FIGLIO 12ENNE HA SCOPERTO L’EQUIVOCO, NESSUNO MI HA DETTO NULLA”

Il 19 gennaio tra gli ultimi atti della Presidenza Trump scattano le sanzioni contro la “blacklist” di potenziali partner internazionali dei nemici degli Usa: in Italia vengono preventivamente bloccati così tutti i conti dei “due” Alessandro Bazzoni, il ristoratore veronese e un pubblicitario originario di Porto Torres in Sardegna. Dopo accertamenti, denunce dei due italiani al Consolato e Farnesina, «In base alle risultanze di questi approfondimenti, è stato accertato il doppio caso di omonimia. Il ministero degli Esteri ha quindi subito a informato l’Ambasciata a Washington, che si è attivata dal 2 marzo, prima attraverso contatti diretti e poi con una nota formale, con il Dipartimento del Tesoro e il Dipartimento di Stato americani. Una volta riscontrato quanto segnalato dalla nostra Ambasciata, il 31 marzo i due italiani sono stati cancellati dalla lista», spiega ancora Bazzoni a Repubblica. L’assurda e inquietante notizia è che su ordine diretto dagli States, conti correnti e pagamenti possono venire bloccati all’istante senza previo controllo sull’effettiva colpevolezza del soggetto: «io con tutta l’attività di ristorazione da gestire, sono rimasto senza un soldo. Siamo un zona rossa però l’asporto funziona comunque. Bisogna far fronte alle spese correnti e, insomma, ho pur sempre una famiglia da mantenere», spiega basito il ristoratore, «Sono corso dai carabinieri, in questura, alla guardia di finanza, persino in Procura. Nessuno sapeva nulla. Allora ho cominciato a informarmi da solo, navigando in Internet». Sarebbe poi l’apporto decisivo del figlio 12enne a scovare la reale verità su quanto avvenuto: «Mio figlio di 12 anni ha visto in Internet il mio nome associato a  32 milioni di dollari e mi ha detto: ma li abbiamo davvero tutti quei soldi? Allora perché mi dici sempre no quando ti chiedo di comprarmi qualcosa? È stata l’unica volta che ho sorriso in questi due mesi». Ancora più assurdo il perché hanno “bloccato” lui e il pubblicitario sardo: «dei 20 Alessandro Bazzoni d’Italia eravamo gli unici con Partita Iva […] Dallo Stato italiano nessun aiuto. Poi voglio stendere un velo pietoso sugli avvocati che mi hanno contattato via mail, proponendomi di risolvere la pratica con una parcella da 20 mila euro. Ho fatto tutto da solo». Dopo aver contattato lui personalmente il Tesoro Usa mostrando tutti i propri dati e dimostrato che si trattava di equivoco con il Bazzoni svizzero, il ristoratore ha ottenuto finalmente il 1 aprile il pieno possesso dei conti: non una parola di scusa né dagli States né dall’Italia.

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