Giuseppe Milanese, presidente della cooperativa Osa (Operatori Sanitari Associati) si sfoga con l’Adnkronos: “Ancora una volta dopo aver letto le cronache relative all’inchiesta in corso, sono costretto a correggere le letture che alcuni organi di stampa si ostinano a fare distorcendo incomprensibilmente i fatti. Ribadisco che il mio ruolo è stato chiarito definitivamente dalla magistratura vaticana, e la mia posizione è sempre stata trasparente e limpida, in ogni passaggio di questa storia come del resto si evince dalla fedele ricostruzione degli inquirenti“. Così Giuseppe Milanese respinge le accuse piovutegli addosso riportate da Il Fatto Quotidiano sullo scandalo fondi Vaticano, secondo cui la “cricca del Vaticano” aveva messo le mani sui crediti Asl della coop regina degli ospedali romani. Un “sistema marcio“, come hanno scritto gli inquirenti, che avrebbe lucrato sui fondi della Segreteria di Stato.



MILANESE: “MIE MOSSE CONCORDATE CON IL PAPA”

Il Fatto Quotidiano riporta anche il messaggio WhatsApp inviato dall’avvocato Manuele Intendente, ritenuto vicino al broker Gianluigi Torzi, al finanziere Renato Giovannini: “È in arrivo anche operazione note sanitarie direttamente dal Vaticano per 40 m“, si legge nel messaggio del 5 giugno 2018. Nell’articolo si spiega: “Dalle carte dell’inchiesta si apprende che il giorno successivo, il 6 giugno, Giovannini incontra Giuseppe Maria Milanese, direttore della Osa“. Milanese, prima indagato, è stato “poi prosciolto dopo le dichiarazioni collaborative rese agli inquirenti“, sostiene il quotidiano di Travaglio. Nella vicenda, parallela a quella dell’affare immobiliare del palazzo di Londra che ha coinvolto il cardinale Angelo Becciu e lo stesso Torzi, Milanese secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano “riceve da Intendente un messaggio in cui gli veniva chiesta ‘una esclusiva per la gestione dei crediti‘”. Nella stessa giornata, Torzi scrive a Intendente: “Bello allora Osa avanti tutta! Piglia tutto“.



La difesa di Giuseppe Milanese, però, è la seguente: “Per i fatti in oggetto mi sono limitato a fornire, su esplicita richiesta del Santo Padre e per un periodo di tempo limitato (dal 17 dicembre del 2018, giorno in cui sono venuto a conoscenza del palazzo di Londra, al 5 gennaio 2019) una consulenza per trovare una soluzione al problema che era stato creato. Ai magistrati vaticani ho resocontato gli accadimenti di quelle 3 settimane in cui, voglio ribadirlo, ogni mio passaggio era stato concordato con il Pontefice nella più totale e assoluta trasparenza“. E ancora: “Ho querelato in questo anno alcuni giornalisti che hanno provato a schizzarmi fango addosso e che, non contenti di non vedermi fra i rinviati a giudizio, mi hanno appioppato l’etichetta di ‘pentito’. Non esiterò a farlo di nuovo per tutelare il mio nome, la mia professionalità e, soprattutto, l’amicizia personale di vecchia data che lega me e la mia famiglia al Santo Padre“.

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