Ginnastica ritmica, la denuncia di un papà: “Quattro anni fa…”

Lo scandalo della ginnastica ritmica che in questi mesi ha sconvolto il mondo dello sport italiano e acceso i riflettori sulle condizioni che le farfalle erano costrette a vivere, parte da molto lontano. Già quattro anni fa un papà, Sergio Marchetti, aveva denunciato il sistema della ginnastica ritmica italiana, senza però ottenere giustizia. L’uomo, papà di Giada, che oggi ha 17 anni, era stato messo al corrente degli abusi subiti dalla figlia. Al Corriere della Sera racconta: “Ammetto di aver capito poco o niente. Ammetto che quando mia figlia, a 13 anni, mi ha telefonato per dirmi “Papà, vieni a prendermi perché sto male” mi è crollato il mondo addosso. Al sogno di Giada di diventare Farfalla, io e mia moglie abbiamo dedicato nove anni della nostra vita ed enormi sacrifici. E no, non avevamo capito quanto stava soffrendo. Ancora oggi mi chiedo cosa abbiamo sbagliato“.



Dai 4 anni fino agli 8, tutto è andato per il verso giusto. Poi “quella che solo adesso ci sembra follia: l’agonismo a 8 anni, le selezioni, i campionati, le quattro ore in palestra tutti i giorni. Ho sempre cercato di essere razionale: mai visto un allenamento, mai chiesto notizie sulle qualità di mia figlia alle coach come tanti altri genitori. Mi fidavo”. Il papà parla di segnali sottovalutati: “Le sofferenze, la stanchezza. Tende e materassi che sbarravano le palestre, qualche insegnante brava tecnicamente ma parecchio squilibrata, gli insulti in caso di errori. Sarà il metodo, ci dicevamo, incoraggiando Giada a non piangere e a non dar troppo peso a quelle parole”.



“Mia figlia mi ha chiamato dopo aver visto…”

A 9 anni, Giada, la figlia dell’uomo che quattro anni fa ha denunciato il mondo della ginnastica ritmica, ben prima dello scandalo oggi noto, comincia a girare di città in città: “Perché cerchi la struttura più qualificata, l’insegnante più brava. E se serve vai lontano, noi prima nel Lazio, poi a Fabriano e poi a Novara. Affitti case, paghi trasferte, ti crei un alibi chiedendole se “se la sente” e Giada se la sentiva sempre. Delle sue sofferenze ci ha raccontato alla fine, in lacrime: “Non volevo deludervi”. Quando si è trasferita a Castelletto Ticino, a 12 anni, si allenava praticamente tutto il giorno“. La scuola era parentale: lezioni dopo le 18 con insegnanti improvvisati, spesso trovati tra mamme e papà.



Il castello crolla il 5 maggio 2018, quando Giada chiama i genitori chiedendo loro di andarla a prendere “dopo aver visto una compagna percossa dalla coach con le clavette. Non era il primo episodio: ho guidato sette ore per abbracciarla e davanti a una pizza mi ha raccontato quello che aveva subìto: gli sgambetti sistematici per farla cadere che le hanno procurato seri problemi alla schiena, le frasi brutali, il cibo negato. Il sogno si è sbriciolato: c’è voluta una psicologa per valutare e riparare il disastro“.

“Ho denunciato ma l’insegnante era ben tutelata”

Sergio Marchetti, dopo le rivelazioni della figlia, Giada, decide di denunciare l’insegnante, un’ex Farfalla molto titolata e conosciuta: “La federazione ha raccolto la mia denuncia e quella di altri genitori, documentate con audio e testimonianze, ma non mi ha mai dato notizie e non ha mai sentito Giada: nel processo sportivo la vittima non può costituirsi parte civile, l’affare resta tra Procura e incolpato. Alla coach solo tre mesi di squalifica, durante i quali ha continuato ad allenare ed è stata anche convocata in ruoli federali. La Procura in compenso ha indagato su di me per capire se ero testimone attendibile o genitore fanatico e rancoroso. Ho presentato ricorsi e controricorsi al Coni: un muro di gomma”.

Oltre il danno, la beffa. Come racconta il papà al Corriere della Sera, “Due avvocati legati alla Federginnastica, di cui uno membro di un organo di giustizia interna, mi hanno proposto di seguirmi in un procedimento civile contro la coach, spiegandomi che se ne sarebbe interessato un collega perché loro non potevano esporsi. Ho versato un anticipo ma dopo poche settimane mi hanno comunicato che non era il caso di proseguire. Credo abbiano capito che l’insegnante era ben tutelata: il sistema si protegge da solo”.