L’ampia inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari sui presunti voti comprati in occasioni delle ultime elezioni comunali a Triggiano e a Grumo Appula ha portato alle dimissioni dell’assessore regionale per i Trasporti, in forza al Pd, Anita Maurodinoia. Lei risulta attualmente tra gli indagati, come parte beneficiaria di quel meccanismo, secondo il Gip “collaudato”, di compravendita elettorale, assieme a suo marito, Sandro Cataldo, e al sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, entrambi già finiti ai domiciliari.
La posizione di Anita Maurodinoia non è ancora stata completamente chiarita, ma secondo l’ipotesi dell’accusa l’ex assessora avrebbe ottenuto alcuni voti comprati dal marito, Cataldo, con 50 euro. Le indagini sono ancora in corso, ma il quadro emerso dall’ottobre del 2021 (quando venne ufficialmente aperta l’inchiesta) è ormai piuttosto chiaro e prevedeva il coinvolgimento diretto di alcuni elettori dei quali sono stati comprati e condizionati i voti, da un lato per confermare il sindaco e due consiglieri (esclusi dalle misure cautelari emesse fino ad ora) del comune vicino a Bari e, dall’altro, per confermare la nomina dell’Assessore alla Sicurezza e alla Polizia Municipale. Complessivamente gli indagati sarebbero almeno 72, mentre 10 sono già stati a vario titolo raggiunti da provvedimenti (uno si trova in carcere, sette ai domiciliari e due allontanati dal Comune di Triggiano).
Il caso dei voti comprati a Bari: “Meccanismo collaudato e progettato da Cataldo”
Insomma, non è ancora chiaro quale sarà l’effettiva portata del caso sui presunti voti comprati a Bari, ma di certo c’è che almeno 10 persone sarebbero coinvolte a vario titolo, mentre rimane pendente la posizione (tra gli altri) di Maurodinoia, che si è dimessa ad indagini ancora in corso. A dare il via all’indagine fu il singolare ritrovamento di alcuni stralci di fotocopie di documenti di elettori di Triggiano, unitamente a dei facsimile di schede elettorali e ad alcuni volantini. I documenti, supposero gli inquirenti, erano quelli degli elettori di cui erano stati comprati i voti per le elezioni del comune vicino a Bari.
Negli anni di indagini che sono seguiti, si è appurato che per ogni voto acquistato venivano corrisposti 50 euro all’elettore, che a sua volta doveva fornire tutti i suoi dati personali, tra cui anche il codice e la fotocopia della scheda elettorale. Cataldo, che secondo l’accusa ha “escogitato” il sistema di compravendita, schedava gli elettori in alcuni documenti che sono stati, poi, rinvenuti nel corso dell’inchiesta. I seggi, poi, venivano presidiati da alcuni collaboratori dell’organizzazione criminosa, che verificavano sia che i soggetti si presentassero, sia che i voti corrispondessero a quelli effettivamente comprati. Secondo i gip si tratta di “un collaudato accordo illecito“, riscontrato “in diverse tornate elettorali e in diversi territori (Bari, Ceglie del Campo, Grumo Appula) escogitato da Sandro Cataldo“, con voti comprati a favore del “suo stesso partito e della moglie Anita Maurodinoia”. Non vi sarebbe, almeno in questa fase delle indagini, alcun coinvolgimento di tipo mafioso.
Chi sono gli indagati per il caso dei voti comprati a Bari
Nell’indagine per i voti comprati sono emersi, insomma, una 70ina di nomi di politici che hanno partecipato al sistema clientelare a vario titolo. Solamente 10 sono intestatari (per ora) di misure cautelari, tra cui i già citati Cataldo e il sindaco di Triggiano, entrambi ai domiciliari, mentre contro Maurodinoia per ora non vi sono accuse formali ma si è svolta una perquisizione nella sua abitazione. Differentemente, è finito in manette Nicola Lella, diventato, grazie ai voti comprati, assessore alla Sicurezza e alla Polizia municipale del comune di Grumo, sempre vicino a Bari. Dai database di elettori comprati, invece, sono emersi più di 2mila nomi, ipoteticamente di coloro che hanno accettato la compravendita ed esercito il voto pattuito, ricevendo i 50 euro promessi.