“L’industria farmaceutica non ha fatto una bella figura” ci ha detto in questa intervista Massimo Clementidirettore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Il caso in questione è l’ammissione, resa durante una audizione davanti alla Commissione Covid 19 del Parlamento europeo dalla responsabile per i mercati internazionali di Pfizer, Janine Small, al deputato olandese Rob Roos, secondo la quale l’azienda non ha mai testato il vaccino sulla sua capacità di fermare la trasmissione del virus. Un vaccino, quindi, immesso sul mercato in modo irresponsabile, aggirando ogni regola della sanità mondiale? “La cosa già si sapeva comunque, da quando si sono diffuse le varianti Omicron.



E’ certo però che non se la possono cavare dicendo: non l’abbiamo fatto. Per testare un vaccino ci vogliono anni, molto di più che per un farmaco”. Va anche sottolineato che i governi di tutto il mondo hanno imposto una fretta straordinaria alle aziende farmaceutiche per avere a disposizione un vaccino che potesse salvare vite umane. Il fatto che però il vaccino non fermasse i contagi rende oggi, in retrospettiva, inutile l’uso del Green Pass: “Se i soggetti vaccinati con il Comirnaty potevano ugualmente infettarsi e infettare, il Green Pass non aveva senso” ci ha detto ancora Clementi.



Ci sono polemiche molto forti dopo la dichiarazione della responsabile per i mercati internazionali di Pfizer, secondo la quale l’azienda non avrebbe testato il vaccino sulla sua capacità di fermare i contagi. Che commento si sente di fare in proposito?

Non è stata valutata la protezione dalla trasmissione, che è l’aspetto più delicato dei vaccini. Il vaccino non riesce a fermare i contagi, mentre dà una protezione dalla malattia.

Questa omissione è un fatto grave?

Non è una cosa molto edificante per l’industria farmaceutica. Però c’è da dire che questa osservazione, dal punto di vista clinico, era già stata fatta. Con l’avvento delle varianti Omicron, che sono molto più diffusive, si era visto che un certo numero di persone che si infettavano erano state vaccinate. Questo può dipendere da varie cose.



Ad esempio?

Ci sono stati studi indipendenti che hanno valutato i vaccinati con Pfizer e hanno visto che una parte di questi risponde molto bene con gli anticorpi e con una immunità cellulo mediata efficace. Una parte di loro invece risponde debolmente. In sostanza dopo due o tre mesi non hanno una protezione efficace.

Quindi il vaccino ha anche scarse capacità protettive?

Attenzione: l’immunità nei confronti dei coronavirus è diversa dall’immunità nei confronti di altri virus. Ad esempio, per il morbillo si fa la vaccinazione, si fanno i richiami previsti, poi uno non dovrebbe più essere infettato. Stessa cosa per l’epatite B: si fanno i richiami e poi non si corre più il rischio di infettarsi.

Con il coronavirus invece?

Sappiamo, anche a proposito di quelli stagionali che circolavano prima della Sars, che l’immunità durava molto poco. Erano virus che danno raffreddore, ci si ammala e l’anno successivo si è suscettibili di reinfettarsi con gli stessi virus. Sono insomma virus che dal punto di vista dell’immunità residua dopo l’infezione sono un po’ refrattari.

A proposito invece del non aver testato la trasmissibilità?

Lo studio completo prima di autorizzare un vaccino va fatto, non puoi cavartela dicendo: non l’abbiamo fatto. Inoltre il test di trasmissibilità non inficiava comunque la bontà del vaccino stesso.

Infatti è un vaccino che ha salvato milioni di vite. Ma l’ammissione di Pfizer di fatto non ha reso inutile un provvedimento come il Green Pass?

Su questo punto ci può essere anche una parte di verità, perché l’efficacia del Green Pass non è stata sostanziale, non ha creato comunità di persone in cui non albergava il virus, perché se soggetti vaccinati possono infettarsi ugualmente il Green Pass non ha senso. In quel momento storico però si pensava potesse aiutare. C’è da dire anche che con l’arrivo delle varianti Omicron lo scenario è cambiato.

In che modo?

La trasmissione è diventata più veloce. Sono varianti però meno patogene, tendono a infettare le vie aeree superiori e non quelle inferiori, e quindi provocano meno polmoniti.

A questo punto che cosa ci dice della quarta dose? Diversi suoi colleghi sostengono che il vaccino che viene somministrato non è tarato sulle ultime varianti.

Non è tarato su quelle varianti con certi nomi un po’ altisonanti come Cerberus che però non stanno prevalendo. Le varianti che continuano a circolare sono la 4 e la 5 della Omicron, che sono contenute nel vaccino.

Per cui la quarta dose va fatta?

Sì, il vaccino è efficace.

(Paolo Vites)

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