SCARONI (PRESIDENTE ENEL): “SU ACCORDI GAS DALLA RUSSIA ERAVAMO TUTTI D’ACCORDO NELLA NATO”
Contestato fin dal primo giorno della sua nomina a nuovo Presidente di Enel, l’attuale n.1 anche del Milan Paolo Scaroni a “La Repubblica” smentisce subito la domanda “indiretta” sulle sue presunte amicizie con Vladimir Putin: «Se vuole sapere se ero amico di Putin, le rispondo di no. E nemmeno di Miller (l’ad di Gazprom, ndr)». Come spiega nel dettaglio lo stesso Scaroni, all’epoca erano partner commerciali dell’Italia come lo erano di tutti i principali Paesi europei: «Pensavo che fossero fornitori affidabili (di gas, ndr), come lo pensava Angela Merkel e il cancelliere austriaco».
Il rapporto tra l’allora ad Eni e la Russia – vissuto da Scaroni tra il 2005 e il 2014 – era una consuetudine non solo italiana ma di tutta l’Europa: «Nel 2013 a Trieste, con l’allora primo ministro Enrico Letta, quando Putin venne in Italia per il Forum italo russo a cui parteciparono tante imprese italiane tra cui Eni. Fu un incontro ufficiale, come tutti gli altri in cui ho visto Putin». Contestare dunque i suoi accordi sul gas con la Russia oggi è quantomeno professione di malafede, fa intuire Paolo Scaroni: «La Russia vende gas all’Europa, e all’Italia, dagli anni Sessanta. Lo ho approvato, perché era nell’interesse di Eni e perché l’ha condiviso il governo italiano. Nel corso del 2006, tutte le società energetiche europee, da Eon a Gaz De France, hanno esteso i loro contratti con la Russia». Via libera dallo Stato – all’epoca il Governo Berlusconi, poi confermato anche dai Governi Prodi, Monti, Letta, Renzi – ma non solo: «Mattei negli anni ‘50, in piena Guerra Fredda, sottoscrisse il primo contratto per l’acquisto di petrolio russo. Negli anni ‘60 cominciarono i primi progetti di esportazione di gas russo verso l’Europa. Fu possibile perché c’era l’approvazione della Nato. L’Eni fece la parte del leone fornendo apparecchiature, personale e tecnologie. Negli anni ‘70 e ‘80 si realizzano, grazie a Eni, i gasdotti di transito europei».
“PERCHÈ LA NORVEGIA SPECULA SU VENDITA GAS?“: PARLA PAOLO SCARONI
Sul tema delicato della differenziazione di forniture di gas, divenuto centrale dopo l’embargo dell’Occidente al metano russo per via della guerra in Ucraina, Scaroni sottolinea come «la Russia era considerata più affidabile di altri fornitori, per esempio della Libia di Gheddafi. A quell’epoca il gas lo compravamo in piccole quantità dalla Norvegia e dall’Olanda, molto da Algeria, Libia e Russia». Mosca era affidabile anche per Ue e Nato, per cui non vi erano problematiche del genere all’epoca.
In merito però ai rapporti con l’Ucraina, qui Scaroni prova a spiegare a livello geopolitico e commerciale dove si iniziarono a vedere le prime crepe: «Putin voleva che l’Ucraina fosse strategicamente irrilevante e lo sarebbe stata senza il passaggio del gas russo diretto in Europa. Dopo la Rivoluzione arancione, l’Ucraina si è sempre più avvicinata all’Europa e allontanata dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), il blocco dei Paesi satelliti di Mosca, un patto basato anche sulla fornitura di gas russo a prezzi di favore. Due volte, nei Natali tra il 2006 e il 2007 e tra il 2009 e il 2010, Putin ha usato l’arma del prezzo del gas contro Kiev che si rifiutava di restare nell’orbita di Mosca». Secondo il Presidente di Enel, bisognava capire le intenzioni del Cremlino già dall’invasione della Crimea: «Questa invasione non è stata un campanello di allarme per i leader europei che hanno continuato a tenere buoni rapporti con Putin. L’atmosfera che si respirava era che più si interagiva con la Russia più la si portava verso i valori del nostro mondo, una sorta di promozione della democrazia attraverso il commercio». Chiosa finale, Scaroni è convinto che ancora oggi alcuni speculino sulla cessione del gas: «Nel momento in cui Paesi come la Norvegia approvavano, in seno alla Nato, le sanzioni alla Russia, sapevano che Putin avrebbe reagito alzando il prezzo del gas. E loro che esportano gas, potevano fare in modo che il rincaro non gravasse sui loro partner. Perché la Norvegia deve venderci i suoi 120 miliardi di metri cubi di gas all’anno a un prezzo molto più alto di quello a cui lo vendeva prima dell’invasione russa in Ucraina?». Norvegia che ritorna come abbiamo visto nelle forti opposizioni del fondo sovrano di Oslo – il Norges (titolare del 2,2% delle azioni di Enel) – alla candidatura di Paolo Scaroni, poi comunque ottenuta con l’intervento deciso del MEF di Giancarlo Giorgetti.