Esiste un aspetto poco studiato della caduta dell’ex URSS, una condizione che perdura. Gli avvenimenti legati alla guerra in Ucraina possono essere chiariti tutti alla luce della dottrina Monroe, ovvero del principio “l’America agli americani”. La questione ucraina, in particolare, ci fa anche capire che esiste un filo rosso nella politica estera USA che unisce tutti i presidenti. E ci fa capire che oltre la retorica e la propaganda, il potere del presidente americano in politica estera è relativo.
Se tralasciamo il Maidan, l’inizio delle ostilità con la Russia, in particolare, ha una data di inizio precisa, il 25 settembre 2018, con l’intervento all’ONU di Donald Trump. Durante il suo intervento al plenum, infatti, il presidente americano, sullo sfondo delle risate dei presenti, disse, tra l’altro, che il suo Paese, compratore di ultima istanza del mondo, non avrebbe più aperto indiscriminatamente il mercato interno alle merci straniere a scapito delle aziende statunitensi. Trump annunciò che gli USA, prima potenza militare mondiale, pur continuando a difendere per primi i propri interessi, avrebbero anche difeso quelli degli alleati; e che tutti gli alleati potevano perseguire i propri interessi, ma avrebbero dovuto in ogni caso contribuire alla propria difesa.
L’America, primo produttore di idrocarburi del mondo, avrebbe fornito, a richiesta, energia a buon prezzo a tutti gli alleati. Nessuno doveva dipendere da un solo fornitore di idrocarburi ed in particolare la Germania non avrebbe dovuto dipendere dalla Russia per non subirne i ricatti e per non alimentare, con i suoi acquisti, il riarmo russo. Gli USA declinavano ogni responsabilità se la Germania o altri avessero agito al di fuori di tali paletti. Più chiaro di così, neanche un disegno.
Quattro anni dopo, l’8 febbraio 2022, Joe Biden promette di far saltare il gasdotto North Stream, anche se questo è sotto controllo tedesco; e il tubo salta, il 22 febbraio successivo. Il North Stream in quel momento è la più importante infrastruttura energetica tedesca e infatti anche da quell’attentato dipende l’attuale declino industriale della Germania. Molti esperti nostrani si affrettarono ad incolpare la Russia, colpevole di aver sabotato una propria grande infrastruttura. Un deterrente che costituiva l’unica arma non militare nella conduzione della controversia ucraina. Cui prodest? A chi giova?
Nei giorni scorsi, come noto, un giudice tedesco ha emesso un mandato di cattura contro cittadini ucraini residenti in Polonia per l’attentato al North Stream. L’indagine si basa sull’esame del Dna rinvenuto sopra una barca presente nel luogo ove è scoppiato il gasdotto. I personaggi implicati sono risultati irreperibili. Dunque un Paese aspirante NATO avrebbe gravemente sabotato un altro alleato NATO in territorio NATO.
A tutto ciò vanno aggiunti gli sviluppi recenti, che tutti conosciamo. In questi giorni gli ucraini, approfittando dell’impegno militare dei russi nel Donbass, hanno lanciato una operazione simile all’offensiva delle Ardenne. Hanno attaccato il territorio scarsamente presidiato nel Kursk. Sono entrati in territorio russo ed hanno conquistato Suzdha, l’ultimo snodo di passaggio del gas russo verso l’Europa centrale. Subito gli ucraini hanno assicurato che non intendono trattenersi sul posto, ma solo dissuadere la Russia da ulteriori conquiste in territorio ucraino. Leggendo i giornali però apprendiamo che, nel mese di maggio 2024, il Financial Times riferiva che nell’anno la Russia era tornata ad essere il primo fornitore di gas europeo, dopo due anni di supremazia degli USA. Pare infatti che le spedizioni di gas e GNL dalla Russia abbiano rappresentato, nonostante le sanzioni, il 15% della fornitura totale verso la Ue. Gas fornito attraverso Ucraina e Turchia.
Il GNL proveniente dagli Stati Uniti è arrivato al 14% della fornitura allo scacchiere europeo, livello minimo dal 2022. Da altre fonti apprendiamo che il maggior incremento nel consumo di gas russo c’è stato in Francia, paese che prima propone l’invio di truppe in Ucraina e poi raddoppia l’acquisto di gas russo portandolo a oltre 4 milioni di metri cubi. In aumento anche le importazioni di Germania e Spagna. Vuol dire che l’Europa non riesce a staccarsi dal gas russo. Anche se il contratto di fornitura con Gazprom, attraverso lo snodo di Suzdha, sarebbe terminato a fine 2024, forse salterà, per ragioni di “sicurezza”, anche questo gasdotto.
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