Il prezzo del petrolio è tornato sotto la soglia dei 70 dollari al barile, mai così basso da fine 2021. Le tensioni in Medio Oriente, gli attacchi Houthi, la guerra a Gaza, le tensioni in Libia, non hanno influito. Mentre evidentemente sul calo del prezzo hanno influito la contrazione della domanda cinese e gli annunci dei Paesi OPEC di abbassare i prezzi e di non abbassare la produzione. Aggiungiamo il petrolio russo a prezzo di saldo e il quadro è completo. Bene, ma che significa?



Significa che la strategia dei Paesi occidentali sulla gestione dell’attuale crisi nelle varie parti del globo sta funzionando. Perché anche se tatticamente i focolai di tensione locali vanno in un’unica direzione, con la Russia che sta martirizzando l’Ucraina, che resta in vita solo grazie alle “trasfusioni” della NATO, Israele non riesce ad aver ragione di un’accozzaglia di criminali che non può chiamarsi esercito ma è capace di usare i propri figli come scudi umani. Teniamo a mente che Hamas è un gruppo terroristico (riconosciuto come tale dall’Unione Europea, cfr. Gazzetta Ufficiale UE, 4 febbraio 2022, L 25). Gli Houthi minacciano ancora le navi nel Golfo Persico e i missili di Hezbollah cadono ancora su Israele. Va detto che politicamente l’Occidente paga la centralità dell’individuo rispetto alla società: pensate se ci fossero rampe per missili sotto ad un ospedale europeo. Nel resto del mondo l’opinione pubblica non conta nulla e questo dà un enorme vantaggio tattico. Nell’ambito informativo tuttavia siamo pari, perché ogni contendente, vista l’impossibilità di controllare il campo della propaganda, si impegna a creare una melma di notizie false autoprodotte per impedire la fruibilità delle informazioni vere.



Con tutte queste premesse la strategia occidentale è valida. I patti di Abramo, gli accordi per il reciproco riconoscimento tra arabi ed ebrei sono ancora in piedi. L’Iran che per rientrare nello scacchiere islamico ha procurato guerra attraverso i suoi proxy ma non è riuscito a minare il patto tra arabi e Israele che isola la teocrazia iraniana. Nonostante i proclami dopo il bombardamento israeliano dell’ambasciata iraniana a Damasco, i 300 droni e i missili lanciati dall’Iran, il 14 aprile scorso, sono stati in gran parte fermati fuori da Israele anche dagli Stati arabi. Anche dopo l’assassinio mirato di Ismail Haniyeh, capo di Hamas, all’interno di una struttura militare di Teheran, siamo ancora ai proclami e non c’è stata reazione né iraniana né araba. È rimasta solo la consapevolezza, per gli iraniani, di aver collaborato al sacrificio di una pedina se non amica, alleata, e di non poter agire con le armi fuori dei propri confini. E la consapevolezza, per gli arabi, che sono più attendibili gli ebrei come nemici che gli iraniani e i turchi come alleati. Anche la manovra turco-russo-cinese di fermare la produzione petrolifera libica non ha sortito effetti sui prezzi.



Questo è piuttosto grave per l’economia di guerra russa, che vede nelle esportazioni di idrocarburi il maggior flusso di cassa per finanziare lo sforzo bellico. Perché alla fine di tutto contano i fatti: nel 1986 il crollo dei prezzi del petrolio indotto dagli Stati Uniti sui produttori arabi portò il dissesto economico e lo scioglimento dell’URSS. Oggi dopo quarant’anni la cosiddetta sindrome olandese affligge ancora la Russia ed il calo del prezzo del petrolio con anche minori consumi apre prospettive negative al Cremlino.

Dal canto suo anche la Cina è in difficoltà: la perdurante crisi post-Covid, la disoccupazione giovanile, la crisi del debito locale, il calo dei consumi interni, la crisi immobiliare, stanno piegando l’economia cinese. Tanto che alcune statistiche sono state vietate dal governo e il FMI ha rilevato delle stranezze nel calcolo della bilancia commerciale cinese. Il sorpasso sull’economia americana, che sembrava solo questione di temp,o oggi non è più contemplato, anzi lo sforzo keynesiano operato post-Covid oltre Atlantico fa sì che il solo PIL degli USA sia pari al PIL di tutti gli Stati BRICS messi insieme. In questo panorama quindi l’ostentazione di sicurezza di taluni leaders mondiali è solo un’immagine che non cambia la realtà dei fatti.

 

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