Dopo essersi ritirata negli anni ‘90, la Russia è tornata sulla scena internazionale e vuole avere un ruolo rilevante negli equilibri mondiali. Tuttavia, la posta in gioco non è più ideologica come durante la Guerra fredda, ma è la conseguenza di una nuova forma di influenza economica e diplomatica. In questo contesto, Mosca è tornata in Africa: prima timidamente nei primi anni 2000 quando ha cominciato a riaffermarsi e poi oggi con grande determinazione. Due le motivazioni principali del ritorno in Russia in Africa.
La prima. Anche se la Russia è piena di materie prime, l’Africa ha altre immense risorse naturali che le interessano: diamanti, oro, uranio e così via, motivo per cui gli uomini d’affari russi hanno investito molto dal 2000. Infatti, la diplomazia di Mosca è strettamente legata allo strumento militare (la Russia è il secondo maggiore esportatore di armi a livello globale) e a quello economico, il cui connubio costituisce un’indispensabile integrazione.
La seconda. Il ritorno della Russia in Africa può anche essere spiegato da quella che viene ora definita una “nuova Guerra fredda” e cioè dal deterioramento delle relazioni della Russia con l’Occidente. La Russia, di nuovo vista come una minaccia dalle democrazie occidentali, si sente attaccata dalla Nato, per cui tenta di rompere l’accerchiamento cercando nuove opportunità in Africa e quindi nuove zone di influenza, in aperta concorrenza con Francia e Cina, oltre che con il suo rivale storico, gli Usa.
Fra gli strumenti posti in essere dalla Russia che conduce una vera e propria guerra per procura in Africa vi sono le compagnie militari private come la Wagner, controllata dal Cremlino e strettamente legata a Evgenij Prigožin, imprenditore e molto vicino al presidente Vladimir Putin. Prigožin è noto a livello internazionale perché è stato rinviato a giudizio negli Stati Uniti unitamente alla Internet research agency, agenzia di guerra cibernetica coinvolta nelle indagini del Procuratore speciale Robert Mueller sull’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016. In relazione al ruolo di Prigožin in Africa, il Governo della Repubblica Centrafricana ha estratto diamanti proprio grazie al contributo decisivo della Lobaye Invest, azienda controllata dalla russa M Invest e fondata da Prigožin. Inoltre, proprio la Wagner non solo è riuscita ad aggiudicarsi il contratto per la protezione del Presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra, ma anche per quella del Presidente del Sudan Omar al-Bashir che ha prima sostenuto e poi deposto ad aprile secondo una logica tipica della Guerra fredda.
La Repubblica Centrafricana, in particolare, sta entrando nel recente quadro della cooperazione Russia-Africa. I soldati russi (stimati tra i 200 e i 300) sono utilizzati nel Paese come parte di un accordo per una “missione di addestramento e sicurezza” e in particolare per la fornitura di armi per riorganizzare le Forze armate centroafricane, FACA (gennaio 2018). Anche i consiglieri militari sono presenti come formatori della guardia presidenziale (quaranta elementi delle forze speciali russe che assicurano la “prima cintura”). Inoltre, le basi militari, come quelle di Bria e Ouata nel Nord Est, si trovano in una zona ricca di giacimenti diamantiferi.
Per quanto riguarda l’Algeria, questa occupa un posto di estrema rilevanza per la esportazione di armi. In Marocco, si parla oggi di un nuovo livello di collaborazione con Mosca. Si noti che l’importo delle vendite russe nel 2017 ha superato i 6,34 miliardi di dollari rispetto al 2016; e secondo gli specialisti di Jane’s Defense gli ordini marocchini si estendono fino al 2020.
L’Egitto è certamente un partner privilegiato della Russia, soprattutto dal 2013; oltre al nucleare civile e alla “zona industriale russa”, Mosca ha firmato un nuovo accordo con Il Cairo nel novembre del 2017. Quanto alla Libia, era un alleato importante della Russia sotto Gheddafi e la caduta di quest’ultimo ha privato il complesso militare-industriale russo di contratti estremamente importanti. Tuttavia, sia per la lotta contro il terrorismo che per trovare mercati per le sue esportazioni, la Russia ha investito molte volte nell’attuale conflitto in Libia.
Passando al Nord Africa, il Ciad ha finora solo una semplice cooperazione militare in materia di formazione. L’Angola ha una partnership strategica con la Russia: oltre agli aerei da combattimento multiruolo Sukhoi Su-30, la cooperazione riguarda il mantenimento delle attrezzature militari e l’addestramento dei quadri delle forze armante.
L’Uganda ha, oltre al protocollo Rosatom nel giugno 2017 sul nucleare civile, una partnership strategica con la Russia: infatti, ha già acquisito cacciatori T-90 e Sukhoi Su-30. In aggiunta a un contratto per lo sfruttamento di una miniera di platino da 3 miliardi di dollari, lo Zimbabwe ha rafforzato i suoi legami militari con Mosca. Un vantaggio per questo Paese a cui gli occidentali, a causa delle sanzioni, hanno smesso di fornire attrezzature militari dagli anni 2000. Con il Camerun la Russia ha firmato un accordo di cooperazione militare dal 15 aprile 2015; la formazione, in particolare in materia di sicurezza antincendio, è fornita da esperti di Mosca e gli ufficiali camerunensi sono formati anche in Russia.
La Repubblica democratica del Congo ha già con la Russia una convenzione di cooperazione militare risalente al 1999; i due paesi la stanno rivitalizzando, specialmente di fronte alle tensioni tra la RDC e l’Occidente. Inoltre, è stata concordata una partnership economica nei settori minerario, energetico e agricolo. Il Burundi, che, prima della caduta dell’Unione Sovietica, formava già la maggior parte dei suoi quadri militari con la Russia, rafforza i suoi legami con Mosca; infatti, ha firmato, a margine del Forum Militare del 2018 in Russia, contratti per la consegna, tra l’altro, di elicotteri da combattimento.
Il Sudan (oltre agli accordi nel settore nucleare, minerario ed energetico) ha firmato a Mosca un accordo militare a febbraio per rafforzare le sue capacità militari. La possibilità di stabilire una base militare permanente per l’Africa orientale in questo Paese è già stata discussa tra le autorità dei due paesi. Inoltre, il Sudan ha una riserva di uranio estremamente importante, probabilmente la terza più grande al mondo. Il Mozambico ha anche un accordo di cooperazione militare e tecnica con la Russia siglato il 22 dicembre 2015.
Il Burkina Faso ha firmato un accordo nell’agosto 2017 in base al quale la Russia sosterrà questo Paese nella sua lotta contro il terrorismo islamico. La minaccia terroristica è in effetti una priorità di Mosca nella sua cooperazione con l’Africa. La Guinea equatoriale ha stipulato con la Russia un accordo i cui termini specifici non sono stati divulgati. Tuttavia gli aspetti noti di questo accordo prevedono la fornitura gratuita di navi da guerra.
Nel Mali, per migliorare la cooperazione, la Russia ha offerto due elicotteri nel 2017, oltre ad armi e munizioni, specialmente nel contesto della lotta al terrorismo. Il Niger ha rilanciato le sue precedenti relazioni con Mosca con un protocollo risalente al 2016, in particolare nel settore della sicurezza e dello sviluppo. Nonostante la presenza dell’esercito francese, di una base tedesca e della più grande base di droni statunitensi del continente, il presidente Mahamadou Issoufou ha anche fatto appello ai russi per combattere il terrorismo. In Eritrea, la Russia intende investire seriamente per rendere questo Paese la porta d’ingresso per l’Etiopia.
Questo elenco non è ovviamente esaustivo, ma ci permette di vedere come la Russia abbia rapidamente rimesso piede in Africa e come abbia esteso la sua precedente zona di influenza. Mosca, insomma, si sta muovendo molto velocemente in Africa e qui, come altrove, sta servendosi degli errori degli occidentali e delle scelte errate che sono state fatte per aprirsi uno spazio di influenza. Il suo ritorno in Africa è parte integrante della sua strategia per conseguire e/o consolidare la sua influenza globale.
Non a caso, la Russia ha posto in essere una guerra di informazione attraverso un’offensiva mediatica volta a diffondere contenuti antioccidentali sulla rete africana di lingua francese. Nello specifico per alimentare il sentimento anti-francese nella Repubblica Centrafricana, al fine di indebolire l’influenza di Parigi in questo Paese (anche grazie al contributo del panafricanista Kemi Seba, che viene considerato il più noto sostenitore dell’abolizione del franco Cfa, oltre a essere un agente di influenza russo secondo l’intelligence francese). Un modus operandi che altro non è se non l’applicazione della guerra psicologica posta in essere dall’Unione Sovietica durante la Guerra fredda per screditare e indebolire i suoi nemici.