Allo stato attuale esiste un acceso dibattito all’interno dell’Unione Europea tra Francia e Germania in relazione non solo alle energie rinnovabili ma anche al nucleare, che è considerato assolutamente strategico dai francesi sia sotto il profilo civile che sotto il profilo militare.
I membri dell’Ue hanno interessi strategici, energetici e commerciali da difendere, condizionati dalla dotazione di risorse e dalle capacità di generazione di energia insite nei paesi in questione. Ciò dà quindi origine a guerre di lobbismo e di influenza, come i casi di Francia e Germania, l’una a favore generalmente per il mantenimento del nucleare, mentre l’altra ne ha fatto la sua bestia nera e si è ampiamente affermato in Europa come esportatore essenziale di tecnologie eoliche. Queste ultime sollevano ora molte domande sulla loro reale efficacia, sulla loro nocività in termini di salute pubblica e sull’economia criminale che si alimenta grazie ad esse.
Una domanda in particolare ha sollevato diversi dibattiti accesi: possiamo dire che l’energia nucleare è priva di carbonio? I “pro” dicono di sì, gli “anti” no, e si impegnano permanentemente in una guerra dell’informazione che ha il principale difetto di restare confinata nel dibattito “ecologico”.
Con l’istituzione del Green Deal e della tassonomia nell’Unione Europea, è sorto un conflitto tra le parti “a favore” o “contro” l’uso dell’atomo. Questo equilibrio di potere non risale a ieri: da un punto di vista storico il nucleare è sempre stato criticato, in particolare a partire dalla seconda guerra mondiale con l’uso delle bombe A e H da parte degli Stati Uniti, Chernobyl e Fukushima. Diversi governi sono spesso intervenuti per impedire la proliferazione di armi nucleari per paura che scoppiasse una guerra nucleare. Da un punto di vista strategico, era necessario evitare di essere sotto il giogo di una terza potenza o di non avere più influenza se tutti i governi li avessero. Tra i belligeranti, e questo da tempo, ci sono punti da entrambe le parti. Il progetto Green Deal presentato dalla Commissione non includeva il nucleare, anche se nel dicembre 2019 il Consiglio europeo ha definito il nucleare “potenzialmente fattibile per il progetto”. Resta il fatto che l’energia nucleare è ancora esclusa dai fondi di finanziamento destinati al Green Deal.
Il rapporto dell’Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change – dimostra i vantaggi che l’energia nucleare potrebbe portare alla riduzione delle emissioni di gas serra. Si è sviluppato un dibattito sull’equilibrio dei poteri tra i governi, le Ong e l’industria energetica su come l’energia nucleare dovrebbe essere denominata in base a questa classificazione. Ciò determinerà la sua idoneità per i finanziamenti e gli investimenti del Green Deal. Il cosiddetto equilibrio di potere ha messo in luce le differenze nella concezione di cosa sia l’energia sostenibile tra i diversi Stati membri dell’Ue, in particolare tra Francia e Germania.
In un primo momento, il nucleare è stato escluso da questa etichetta “verde” perché non soddisfaceva i criteri di ammissibilità, in particolare sulla questione dei rifiuti radioattivi, secondo il Teg (Technical Expert Group). Gli esperti nucleari hanno chiesto un secondo parere e il risultato di quest’ultimo è previsto alla fine del 2021. I pro-nucleari sottolineano che, senza il nucleare nel mix energetico, almeno in alcuni paesi, gli obiettivi degli accordi di Parigi non saranno raggiunti. Dall’altra parte, gli anti, difendono e promuovono uno scenario incentrato sulle energie rinnovabili. Nel frattempo, l’Ue sta interferendo, cercando di smantellare Edf e indebolire il nucleare francese con il pretesto della libera concorrenza.
L’Unione Europea ha bisogno di una strategia armonizzata incentrata su diversi punti, vale a dire che deve soddisfare le richieste dei consumatori (individui, settori industriali) adattando costantemente le reti elettriche in modo che possano far fronte a questi cambiamenti nei metodi di produzione. Dovrebbe quindi fare il punto sugli stanziamenti di ciascun paese e applicare, eventualmente, finanziamenti esclusivi a ciascuno, in modo da non distruggere un settore industriale rispetto a un altro e promuovere gli scambi tecnologici e industriali intraeuropei. Ma ad oggi, non è così.
Non tutte le energie sostenibili (o pulite) che i diversi attori stanno offrendo oggi lo sono in realtà. L’energia prodotta dal nucleare è al cento per cento priva di carbonio, proprio come quella prodotta dalle energie rinnovabili (Re). Per tutte queste modalità di produzione di energia, la CO2 viene emessa duraante le fasi di estrazione della materia prima, la sua trasformazione, il trasporto e l’assemblaggio.
Se il nucleare non fosse indicato come “verde”, e quindi non incluso nella tassonomia, ciò costringerebbe la Francia a rivedere la sua politica energetica. Dovrebbe porre in essere Re che costano caro e che, al di là del costo, la inducono ad emettere più CO2 di prima. Inoltre, dovrebbe finanziare la propria industria dell’energia nucleare con i propri fondi. Ciò porterebbe lentamente a un’uscita dal nucleare, indebolendo la sua produzione di elettricità e la sua rete di distribuzione. Tuttavia, secondo Jean François Carenco, presidente della Cre (Commissione per la regolazione dell’energia) grazie al mix energetico carbon free, costituito principalmente da energia nucleare e idroelettrica, la Francia beneficia già di basse emissioni di CO2 e di un prezzo controllato dell’elettricità. La Francia emette sei volte meno CO2 rispetto ai tedeschi e il prezzo dell’elettricità per un consumatore residenziale medio è di circa 180 euro per megawattora rispetto ai 300 euro in Germania. Lo sviluppo di energie elettriche rinnovabili non serve quindi a ridurre le emissioni di CO2.
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