Caro direttore,
ho l’impressione, magari mi sbaglio, che non sia stata data sufficiente attenzione alle recenti dichiarazioni di Ursula von der Leyen, cioè al discorso da lei tenuto alla fine di maggio a Bratislava in occasione del Globsec Forum 2023. Dichiarazioni che portano a uno schieramento molto deciso e di parte in una situazione geopolitica sempre più complicata, con il pericolo reale di uno scontro bellico globale. Vorrei porre alcuni punti, a mio parere critici, che mi piacerebbe venissero discussi sul nostro Sussidiario, se ritenuto interessante e utile.
Un primo punto riguarda il sostegno all’Ucraina nella sua difesa contro l’aggressione russa: “Vogliamo spingere la nostra industria della difesa ad aumentare la produzione di proiettili d’artiglieria di 155 millimetri e 152 millimetri. E coloro che possono, dovrebbero fornire artiglieria a lungo raggio e sistemi di armi che possono aiutare l’Ucraina a bilanciare il divario sul campo nei confronti degli invasori. Il nostro sostegno è necessario anche per l’addestramento militare delle forze ucraine. Gli Stati membri stanno facendo molto e anche noi, a livello europeo, stiamo facendo la nostra parte. Entro la fine dell’anno, avremo formato 30mila militari”.
Al di là dell’accordo o meno con queste posizioni, e al di là dei possibili interessi economici sottostanti, esse rappresentano una formale dichiarazione di un’alleanza di fatto con l’Ucraina e di guerra alla Russia. Mi chiedo chi ha autorizzato la von der Leyen a parlare come se fosse esponente non dell’Ue ma della Nato, che ha la Russia come esplicito nemico da cui difendersi. Non mi sembra che sia il caso dell’Unione Europea e in questo modo viene “militarizzata” anche la candidatura dell’Ucraina all’Ue, che è una comunità economica, non militare come la Nato.
Un secondo punto discutibile è la critica a un possibile cessate il fuoco, che secondo la von der Leyen avrebbe come risultato “un conflitto congelato che non porterebbe a una pace duratura”. E cita il cessate il fuoco del 2014 nel Donbass, finito con l’invasione russa. Nessuna parola sul Trattato Minsk 2 e sul perché non sia stato attuato, cosa che avrebbe potuto portare all’invocata pace.
Per la presidente della Commissione europea l’unica soluzione per raggiungere una giusta pace è il ritiro delle forze russe dal territorio dell’Ucraina, cioè quanto richiesto da Volodymyr Zelensky. Non credo che nessuno dei due possa pensare a un ritiro spontaneo di Mosca, quindi, l’unica soluzione prospettata è una continuazione della guerra fino alla sconfitta dei russi. Obiettivo difficilmente raggiungibile senza un intervento diretto della Nato, cioè senza quella tanto temuta terza guerra mondiale, che avrebbe come primo campo di battaglia proprio l’Ue.
Un terzo punto del discorso riguarda i Paesi balcanici candidati all’Ue: Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo. Nei confronti di questi Paesi, la presidente ha illustrato un programma diretto ad accelerare la loro entrata nell’Unione, occasione anche per un incremento degli investimenti europei nei Balcani. Tuttavia, anche in questo caso non si è limitata agli aspetti economici, ma ha connotato la questione in termini anti-russi: “Le onde d’urto inviate dalla guerra di aggressione di Putin hanno raggiunto anche i nostri sei partner dei Balcani occidentali”.
Si creano così due ordini di problemi. Sul versante economico, l’entrata accelerata di questi Paesi, principalmente in base a ragioni politiche, aumenterebbe i problemi interni dell’Ue, accentuando le differenze che si stanno sempre più delineando tra i già numerosi 27 membri. Ancora maggiori le difficoltà sotto il profilo geopolitico. Alcuni di questi Paesi, come la Serbia, sono storicamente e culturalmente vicini alla Russia, vicinanza che non appare sostanzialmente ridotta dalla guerra in Ucraina. Il Kosovo è una – se non la principale – miccia di un possibile nuovo conflitto nei Balcani, proprio con la Serbia, e che potrebbe coinvolgere anche l’Albania. Per non parlare della situazione instabile che caratterizza da sempre la Bosnia Erzegovina.
La von der Leyen ha incluso nel suo discorso anche l’adesione all’Ue di Moldavia e Georgia, situazioni altrettanto problematiche. La Moldavia è divisa al suo interno, con la Transnistria dichiaratasi indipendente fin dal crollo dell’Unione Sovietica e sostenuta dalla Russia, che vi ha anche una presenza militare. I rapporti tra Georgia e Russia sono da “tregua armata” e una sua entrata nell’Ue verrebbe considerata una mossa decisamente ostile da Mosca.
La partecipazione di tutti questi problematici Stati all’Unione Europea potrebbe essere attuata, a diversi livelli, se limitata agli aspetti economici e potrebbe perfino facilitare una possibile attenuazione dei rischi di conflitto. Le dichiarazioni della von der Leyen, che per il suo ruolo coinvolgono direttamente l’Ue in quanto tale, portano invece ad allineare l’Unione alla Nato, rischiando di gettare pericolosa benzina su un fuoco già troppo divampante.
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