Salvini incontra di nuovo Orbán e mai come in questo caso niente è oscuro e intricato. Disegno fin troppo chiaro: il leader della Lega si avvicina al più attrezzato leader cosiddetto “populista” d’Europa per creare un polo articolato in grado di colonizzare, in qualche modo, le forze popolari in Europa.
Orbán, primo atto: Salvini non ha una strategia, inutile e pericoloso allearsi con lui. Salvini ha mangiato la foglia e sa fin troppo bene che i popolari europei non riusciranno ad ottenere la maggioranza. Lo sa anche Orbán, ma quest’ultimo fa politica con un’oncia in meno di egolatria rispetto al ministro dell’Interno e non intende fare galoppate in solitaria.
L’unico modo per cambiare l’Europa è allearsi tra diversi ma decentemente compatibili. La compatibilità è data dallo stato d’emergenza in cui versa non solo l’Europa, ma l’assetto politico del Continente nel suo complesso. Maggioranze non più in grado di governare in solitaria e una sinistra che non riesce più ad essere alternativa, salvo a se stessa. Il naufragio (con spettatore) della sinistra in Europa è un tema e un problema gigantesco interamente da studiare e vagliare. Ma così è, questo è lo stato dell’arte.
A questo punto, lo scenario europeo si interseca inevitabilmente con l’America di Trump, che vive dei conflitti interni all’Ue, da un lato, e dall’altro prospera con un Pil da far venire l’acquolina in bocca. Una doppia partitura che vede un convitato di pietra, Putin (il Venezuela in fiamme è lo sfondo della guerra fredda postmoderna).
Seguire la lettura interna ai partiti e ipotizzare la nuova rotta in termini di alleanze nuove come sovranisti illuminati, per dirla con Berlusconi, e popolari, non porta lontano. La vera questione sul piatto è: al di là di qualche nuova faccia in parlamento e di un paio di commissari di provenienza politica non così omologata, che ne sarà dell’Europa?
Salvini non ne ha la più pallida idea, il suo mestiere è acchiappare voti e rilanciare la sfida per le prossime elezioni; in aggiunta si concede all’illusionismo politico di una Lega che marcia, come il presidente Mao, nel deserto per afferrare il toro burocratico per le corna. Possibilmente in diretta su Youtube. Orbán è più tattico e insieme coltiva un filo di strategia, ha capito che l’Europa, se non puoi cambiarla, la devi usare e lo sta facendo. L’interlocutore che finora lo ha snobbato, Putin, è il suo sogno notturno. Le destre in Europa sono la stampella dell’eurocrazja, quando si sveglieranno dal sonno della ragione sarà probabilmente troppo tardi. Nel frattempo, come sta accadendo in Italia, faranno molti danni e cercheranno di inchiodare quelli come il sottoscritto che sottoscrivono, chiedo venia per il gioco di parole, un razionale e documentato “né-né”. Né sovranismo né dispotismo legale burocratico. Riformismo gradualista e ripresa di un orizzonte strategico che tenga insieme il bene dell’Italia – massacrata da questo governo – e il concerto europeo. In un vecchio mondo che, da decrepito, sta diventando sempre più livoroso e povero (non solo economicamente).
Questo è, a mio avviso, lo stato dell’arte di questo tempo. I personaggi che circolano sul proscenio europeo, che, nell’era della politica, soprattutto in Italia, non avrebbero ricoperto neanche un ruolo di medio livello in un comune di media grandezza, tra un lustro saranno una nota a piè di pagina in un manuale di storia delle superiori. Il punto è che avranno tutto il tempo di fare danni e di dare il colpo di grazia all’ultima remota memoria della politica come strategia gradualistica di cambiamento delle cose.