La Striscia di Gaza affamata, le truppe ONU attaccate: le violazioni del diritto internazionale di Israele non si contano più. Il modo di condurre la guerra dell’IDF, spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma Sapienza, non può essere giustificato come legittima difesa per l’attacco del 7 ottobre. Non per niente gli stessi americani hanno chiesto agli alleati di far arrivare gli aiuti umanitari ai palestinesi. Una situazione che non risolve i problemi ma li acuisce: la comunità internazionale, gli USA in primis, dovrebbero tenere conto di tutto quello che ciò comporterà per il Medio Oriente. L’attacco alla casa di Netanyahu lo dimostra: la violenza chiama solo altra violenza.
Gli americani hanno intimato a Israele di lasciar passare gli aiuti umanitari per Gaza, pena, almeno sulla carta, la sospensione delle forniture militari. È la prova, se mai ce ne fosse bisogno, che gli israeliani hanno disatteso le richieste della Corte internazionale di giustizia che chiedeva misure efficaci per consentire l’arrivo?
Vari Stati hanno sospeso le forniture di armi e altre strumentazioni militari in relazione alle crescenti violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Israele. Fra questi, anche molti alleati degli Stati Uniti. Negli USA, così come anche in altri Stati, vi è un divieto di fornire armi che possano essere usate per violare il diritto internazionale. Ma, fino a pochi giorni fa, la Presidenza degli Stati Uniti ha ritenuto che le azioni militari israeliane a Gaza fossero coperte dal diritto alla legittima difesa. In realtà non è così.
Perché?
Innanzi tutto, la legittima difesa deve essere necessaria e proporzionata al fine di respingere l’attacco. L’intervento militare israeliano è stato largamente sproporzionato rispetto all’attacco di Hamas. Israele ha praticamente distrutto tutto il territorio di Gaza, incluse infrastrutture civili, rendendolo pressoché inabitabile. Ma, anche a voler ritenere che l’azione di Israele costituisca una misura di legittima difesa, ciò non può in alcun modo condonare le gravi, molteplici e reiterate azioni contro obiettivi protetti dal diritto umanitario.
Quali obiettivi rientrano in questo novero?
Basti ricordare gli attacchi contro ospedali, scuole, luoghi di culto. Un’inchiesta sul New York Times del 14 ottobre ha rivelato ciò che era stato già denunciato dalle organizzazioni umanitarie, e cioè che i soldati israeliani hanno utilizzato i palestinesi come scudi umani. La lettura di questa inchiesta è straziante e getta una lunga ombra sulla catena di comando dell’esercito israeliano e fors’anche sulla direzione politica di Israele. Se questa inchiesta fosse confermata, lo Stato di Israele perderebbe qualsiasi autorità morale nel denunciare il terrorismo di Hamas.
I procedimenti dei giudici internazionali contro Israele che fine hanno fatto? Quali sono quelli ancora aperti contro esponenti israeliani?
Occorre distinguere fra i procedimenti di fronte alla Corte internazionale di giustizia (ICJ), i quali riguardano i rapporti fra Stati, e i procedimenti di fronte alla Corte penale internazionale (CPI), che riguardano i comportamenti individuali. Nel procedimento di fronte alla ICJ, aperto dal Sudafrica con l’intervento di molti altri Stati, la Corte ha emesso a due riprese misure provvisorie. Ha ordinato a Israele di astenersi da atti che potrebbero costituire genocidio e ha ordinato all’unanimità, incluso il giudice israeliano, di non adottare misure che potrebbero comportare l’affamamento della popolazione palestinese. Ma Israele non ha mai dato seguito a queste pronunce, indirizzando parole sprezzanti alla Corte. Per una sentenza, occorrerà ancora molto tempo.
E per quanto riguarda la Corte penale?
La CPI è stata richiesta dal Procuratore nel mese di maggio di emettere mandati di arresto per i vertici di Israele e di Hamas. Il 24 agosto il Procuratore ha sollecitato la Corte, ma non sembra, per ora, aver prodotto alcun esito. Questo ritardo appare inspiegabile. Non sembra esservi alcun motivo giuridico per questo ritardo. Ricordo che il mandato di arresto nei confronti del presidente Putin è stato adottato dalla Corte il 17 marzo 2023, a seguito di una richiesta del Procuratore del 22 febbraio del medesimo anno. È vero che ogni vicenda deve essere considerata a sé, ma, forse, la Corte dovrebbe pronunciarsi al più presto, anche per evitare il sospetto di un doppio standard.
Le cronache parlano di attacchi indiscriminati di Israele nel nord della Striscia di Gaza, bloccando l’arrivo di cibo e impedendo l’uso dell’acqua. Quale comportamento dovrebbe tenere Israele in base al diritto internazionale rispetto alle persone che abitano nella zona oggetto dei suoi attacchi?
Se gli Stati Uniti, i più stretti alleati di Israele, esprimono la loro forte preoccupazione per un disastro umanitario, forse Israele dovrebbe cessare davvero di fare la guerra alla popolazione di Gaza. Se tutte le guerre sono atroci, una guerra che utilizza la fame è ancora più atroce.
L’IDF ha anche preso di mira le forze dell’UNIFIL al confine con il Libano. Qual è la gravità di un atto del genere?
Abbiamo assistito a una controversia fra Israele e le Nazioni Unite, supportate da molti Stati della Comunità, in particolare da quelli i cui soldati sono parte delle missioni delle Nazioni Unite. Questa è semplicemente una delle tante violazioni del diritto internazionale che Israele sta commettendo. Alla luce delle vicende alle quali abbiamo assistito in quest’anno, forse non è neanche la più grave materialmente. Ma simbolicamente è devastante. Ascoltare il primo ministro israeliano che richiede perentoriamente di spostare i soldati delle Nazioni Unite al segretario generale, qualificato pochi giorni prima come “persona non grata” da Israele, è il segno definitivo dello scollamento fra Israele e la comunità internazionale. Io credo che gli Stati Uniti, oggi praticamente i soli alleati di Israele, debbano rendersi conto della profondità delle implicazioni di questa guerra a livello geopolitico.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata in Libano e ha detto che UNIFIL va rafforzata. Attraverso quali meccanismi si può decidere di farlo? Ne vanno cambiati gli obiettivi? O è meglio annullarla?
La missione di pace detta UNIFIL è stata creata con due risoluzioni del Consiglio di sicurezza, la risoluzione 425 (1978) e la risoluzione 426 (1978), all’indomani di una delle tante guerre in quel martoriato territorio. Nell’agosto del 2006, sempre al termine di un’altra crisi fra Israele e il Libano, il Consiglio di sicurezza, con la risoluzione 1701, creò una zona cuscinetto fra il sud del Libano, controllato da Hezbollah, e il confine nord di Israele, e ampliò il mandato di UNIFIL, incaricata di sorvegliare tale zona. L’Italia è uno dei Paesi che più hanno contribuito a tale missione. Per modificarla, o anche per abolirla, è necessaria un’ulteriore risoluzione del Consiglio di sicurezza. Ma è veramente difficile che, in assenza di un piano di pace, si trovi l’unanimità dei voti dei membri permanenti, cioè degli Stati che possiedono il potere di veto.
Intanto un drone è stato lanciato sulla casa di Netanyahu, anche se non avrebbe provocato feriti. Un segnale, comunque, che potrebbe alzarsi anche il livello di risposta alle operazioni militari di Israele? Con quali conseguenze?
Al momento in cui scrivo, non vi sono molte notizie su tale attacco. Nessuno sembra averlo finora rivendicato. Ma questo è un segno evidente di quanto sia illusorio ritenere che si possa risolvere con una soluzione meramente militare una crisi che avvelena da 70 anni il Medio Oriente. Le guerre in Medio Oriente non sono – o non sono solo – guerre fra eserciti. Né sono solo guerre fra Stati. Sono guerre fra popoli, i quali si stanno via via radicalizzando. È davvero necessario fermare questa spirale di odio che provocherà ancora eventi drammatici. E la comunità internazionale deve prenderne atto.
(Paolo Rossetti)
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