La lotta per il controllo delle infrastrutture strategiche è centrale per la politica estera australiana e americana nel Pacifico meridionale. Ad esempio, alla fine del 2020 sono state approvate nuove leggi che consentono al governo federale australiano di rescindere gli accordi che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Il ministero degli Esteri è stato quindi in grado di rescindere un accordo tra il territorio di Victoria e Pechino, che consente l’integrazione nel progetto Belt and Road Initiative. Altro esempio: il governo federale si interroga sulla cancellazione dell’affitto del porto civile della città di Darwin (capitale dei Territori del Nord e di vitale interesse strategico australiano) a una società cinese.
D’altra parte, gli australiani stanno aprendo sempre più i loro porti agli interessi americani, in particolare alla US Navy, che cerca nuovi punti di ancoraggio nell’area dall’hub asiatico, avviato dall’amministrazione Obama nel 2013. A testimonianza di ciò, nell’ottobre 2020, gli addetti alla Marina degli Stati Uniti si sono recati a Bundaberg, un piccolo porto del Queensland, per discutere di potenziali investimenti americani nelle infrastrutture portuali, al fine di ospitare navi della Marina degli Stati Uniti. Un’ulteriore conferma di questa strategia è la visita da parte del ministro della Difesa australiano a Washington per discutere dell’installazione di una base di stoccaggio di carburante militare finanziata proprio dagli Stati Uniti a Darwin, nel corso della quale ha espresso le preoccupazioni del governo australiano per il funzionamento nel porto vicino di una compagnia statale cinese.
Alla fine di ottobre, la società australiana Telstra, la più grande azienda di telecomunicazioni del paese, e il governo federale hanno unito le forze, annunciando che avrebbero acquisito le attività di Digicel Pacific per un importo di 1,6 miliardi di dollari. Digicel, una società di telecomunicazioni di proprietà del miliardario irlandese Denis O’Brien, gestiva cavi di telecomunicazioni sottomarini nelle immediate vicinanze dell’Australia, compreso il Pacifico meridionale. È ovvio che questa acquisizione è il risultato di una sincera preoccupazione delle autorità di sicurezza nazionale australiana e americana per il controllo di questo tipo di infrastruttura nell’area di fronte alla crescente influenza regionale cinese.
A gennaio sono cominciate a circolare voci di una potenziale acquisizione di Digicel, operante in tutto il Sud Pacifico (ma più precisamente in Papua Nuova Guinea, Fiji, Vanuatu, Tonga e Samoa), da parte di alcune società cinesi (China Mobile, Huawei o Zte). Digicel, già facendo un uso massiccio della tecnologia Huawei, è poi diventato un punto centrale di interesse nella lotta per l’influenza che si sta svolgendo nell’area. Tale acquisizione avrebbe consentito alla società cinese di impossessarsi dei cavi sottomarini per telecomunicazioni gestiti da Digicel. Si è quindi posta la questione di un’acquisizione australiana.
È qui che entra in gioco Telstra, che il 25 ottobre ha dichiarato che contribuirà alla transazione con 270 milioni di dollari e che deterrà il 100% del capitale di Digicel Pacific. L’azienda australiana si sta ora concedendo 6 mesi per procedere con l’operazione.
Sta pertanto emergendo una strategia australiana per proteggersi dagli investimenti cinesi sul suo territorio. Allo stesso tempo, l’Australia sembra scegliere di aprirsi completamente agli interessi americani nella regione. Che la scelta sia rilevante o meno, contribuisce comunque ad aumentare le tensioni nella regione. La scelta di allinearsi alla politica statunitense non rischia di mettere Canberra in secondo piano nel caso scoppiasse un conflitto nella regione?
In conclusione, nonostante le raccomandazioni di Wilson e di altri ricercatori australiani, la notizia sembra indicare che Canberra ha scelto la sua collocazione. Che sia nell’integrazione dell’alleanza Aukus, nell’abbandono del contratto sottomarino con la Francia o nell’accoglienza sempre crescente di soldati americani sul territorio australiano, Canberra dovrà porsi la questione della sua indipendenza strategica. Più che semplicemente schierarsi dietro gli Stati Uniti, l’Australia non dovrebbe fare affidamento su una diplomazia solida e multilaterale per contrastare le ambizioni cinesi?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.