Il VI Municipio di Roma, senza contare gli “invisibili”, ha 257mila abitanti, è grande come Firenze e ancora il 30% delle abitazioni non è fornito dei servizi essenziali; si documenta un abbandono della scuola tra il 10 e il 15% e c’è la maggiore dispersione scolastica della città. Nel VI Municipio permangono enormi criticità in ex borgate abusive come Torre Angela, Borghesiana, Finocchio, Lunghezza, che dilagano nei quartieri “pubblici” come Tor Bella Monaca, con droga, estorsioni, usura, riciclaggio e una criminalità in gran parte legata alla mancanza di opportunità lavorative.



Eppure nel perimetro del Municipio VI c’è il campus universitario di Tor Vergata, il più grande d’Europa, al suo intorno una concentrazione d’importanti centri di ricerca nazionali come ASI, INFN, CNR, ERIN, Osservatorio ESA della Terra, Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, INAF-Osservatorio Astronomico di Roma, Banca d’Italia e i consorzi privati nazionali OPTEL InP, Tecnopolo Tiburtino e di Castel Romano.



Fino ad ora le istituzioni si sono concepite come compartimenti stagni, hanno avuto grandi difficoltà a “parlarsi” ed è mancata una relazione, un comune progetto per il quartiere.

È possibile la relazione tra le istituzioni della città se c’è una soggettività comune che la riconosca utile, una soggettività istituzionale che sia progettante. Se l’architettura, la città, le sue parti, ogni singolo edificio, sono il segno delle aspirazioni dell’uomo, che danno rappresentazione e valore alle stesse istituzioni umane, è altrettanto vero che se la città, la polis, non ha una rappresentazione di sé, di cosa vuol essere, di cosa vuole “edificare”, non c’è rappresentanza istituzionale che possa edificare la città.



Dal faticoso dialogo umano nato fra i diversi attori, in primis VI Municipio e università e da una positiva originalità di ciascuno di loro, è stata finalmente trovata una comune intenzione, una soggettività territoriale ed istituzionale da cui nascerà, a seguito dell’adesione di Regione e Governo, la Città della Conoscenza e dell’Innovazione, che recupererà anche la struttura incompiuta dell’ex Città dello Sport.

Ricerca, produzione e territorio condivideranno un intervento di grande rilievo (anche per ricaduta occupazionale) che sarà aperto a Ricerca e Sviluppo con il proposito di scoprire o sviluppare nuovi prodotti e servizi, incluse versioni migliorate di prodotti esistenti, con la ricerca e l’implementazione di nuovi o più efficienti processi di produzione cui collaboreranno anche le altre istituzioni della ricerca.

Con la Città della Conoscenza un’innovazione di metodo e sostanza viene introdotta nel governo delle dinamiche urbane della città; il VI Municipio, l’Università di Tor Vergata, Roma Capitale accettano di aprirsi al dialogo, il grande numero dei centri di ricerca ha accettato di aprirsi al mondo della produzione; ha accettato di superare la dimensione limitata dei propri laboratori e centri R&D interni per dialogare in maniera intensa, mediante reti di collaborazione flessibili tran settoriali e multidisciplinari, con il territorio circostante. C’è la consapevolezza che nessun singolo attore è più in grado di padroneggiare tutte le conoscenze e le competenze di cui necessita il moderno circuito della R&D, si riconosce che il paradigma dell’open innovation, in forza del quale l’innovazione nasce, prospera e matura in sistemi articolati e aperti, ha bisogno che si passi dalla competizione alla cooperazione. La scarpa costruita sul piede e non il piede adattato alla scarpa.

La Città della Conoscenza costruendo un cluster di scala urbana in un’area periferica avrà una azione estremamente positiva anche rispetto alla dinamica patologica centripeta/centrifuga dei flussi di persone, merci, eccetera, propria delle grandi metropoli come Roma, dinamica non eliminabile o almeno non completamente in quanto al centro restano ubicati “servizi di scala urbana”.

Sarà un intervento con effetti largamente positivi, assonante con quelli già in atto nella città, in grado di contenere le emissioni di CO2 e l’inquinamento in ambito urbano, a impatto energetico zero; non occuperà nuovo suolo, sarà concepito per lo smart working, per il commercio on-line dei prodotti, atto a ridurre la richiesta di centralità dei servizi e del terziario e soprattutto finalizzato all’introduzione dell’economia circolare nei processi di concezione dei prodotti e perciò alla trasformazione di beni in servizi.

Partendo da una visione partecipata e condivisa delle trasformazioni di questa grande area, dal “voler essere del territorio stesso”, la Città della Conoscenza sarà costruita con metodi e pratiche sussidiarie alle aspirazioni sia generali sia particolari e potrà produrre utilità, bellezza inclusiva, soprattutto potrà offrire buona occupazione a un territorio che, se ha tutte le criticità dette, fa però registrare la più alta natalità della città di Roma.

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