Le barriere doganali tariffarie e non tariffarie sono state da sempre la prima arma economica della potenza statunitense. A partire dai dazi e dalla normativa sui monopoli capace di bloccare le merci in ingresso con accuse di posizione di mercato dominante, che sono una prerogativa a stelle e strisce. Fino dall’indipendenza, infatti, e sotto la guida di economisti come Friedrich List, gli USA hanno cominciato ad applicare dazi fino al 100% per contrastare l’ingresso delle manifatture che gli inglesi cercavano di immettere negli USA sotto costo per impedire lo sviluppo dell’industria locale. Dopo la guerra sul campo gli inglesi persero anche quella economica con grave danno per il tesoro della regina. A tutt’oggi il fondamento della potenza statunitense sulle barriere di ingresso al mercato interno è ben spiegata da Joseph Stiglitz nei suoi libri. Tutte le amministrazioni USA del dopoguerra, dal piano Marshall in poi, ne hanno usufruito più o meno con il medesimo intento geopolitico di generare fedeltà atlantica attraverso l’accesso all’infinito mercato statunitense.
Anche Donald Trump appena eletto ha promesso pesanti barriere commerciali alle economie europee che non avessero reciso definitivamente i loro legami con la Russia. Questo colpirebbe doppiamente l’Italia, primo partner commerciale europeo della Russia nel 2024 con 768 milioni di euro e che ha esportato negli USA beni per circa 67 miliardi di euro nel 2023. Infine, quindi, su Truth Social, Donald Trump ha postato la volontà, una volta in carica, di applicare dazi del 100%, tra gli altri anche ai Paesi del gruppo BRICS qualora questi cercassero di affrancarsi dall’uso del dollaro USA.
I Paesi BRICS sono composti dal 2011 da economie in via di sviluppo che ora si autodefiniscono emergenti, con in testa Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. All’inizio di quest’anno vi hanno formalmente aderito anche Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Egitto. Altri 34 Paesi avrebbero manifestato interesse all’adesione. Nel 2023 il presidente brasiliano Lula ha proposto di creare una moneta comune in Sudamerica per affrancarsi dal dollaro USA. La proposta è impraticabile, se pensiamo solo ai milioni di manzi brasiliani esportati ogni anno negli States. Particolarmente interessati alla de-dollarizzazione delle transazioni internazionali sarebbero Russia, Cina e Iran, al fine di aggirare le sanzioni occidentali. Oltre al fatto che tutti i BRICS sono Paesi esportatori o petro-Stati che necessitano del dollaro per i loro scambi.
Le possibilità di creare una nuova valuta sono abbastanza basse per la distanza economica e geopolitica corrente tra i componenti dei BRICS. Nell’ultimo vertice BRICS a Kazan, tuttavia, la propaganda russa e cinese si è sforzata di dare credibilità alla sfida di una presunta maggioranza globale contro un’isolata e non più egemone economia statunitense. Ma a parte la Russia, tutti gli altri Paesi BRICS, di massima esportatori, sono dipendenti dall’economia statunitense, vero importatore di ultima istanza a livello mondiale che, in virtù del suo dominio geopolitico, ha interesse a restare importatore oltre che a mantenere il controllo del traffico marittimo. Per dare qualche cifra basta dire che, secondo Visual Finance (dati 2023), il Pil degli USA è il più grande del mondo, al secondo posto vi è la Cina, ma la somma dei primi cinque BRICS non lo supera. L’amministrazione federale USA annovera 5 milioni di dipendenti; la Cina, primo sfidante, ne ha uno. Il primo datore di lavoro del mondo è il Pentagono con 3 milioni di dipendenti; la difesa cinese ne ha un quinto.
Detto questo, i dazi, specialmente quelli verso la Cina, lungi dall’essere mera misura economica, sono strumento di dominio. Applicando i dazi gli Stati Uniti privano la Cina di una parte del suo surplus economico dovuto alle esportazioni. La Cina potrebbe non avere tutte le risorse per i suoi ciclopici progetti infrastrutturali, per risanare il debito, per stimolare i consumi interni, per gli armamenti. Nella storia tutto ha un inizio e una fine, quindi anche il dominio mondiale degli USA, e un futuro multipolare si sta affacciando, visto che le sfide geopolitiche attuali alla talassocrazia americana venti anni fa sarebbero state impensabili. Ma visti questi dati, di fatto i tempi sono ancora lontani.
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