Il dominio del mare non ha perso la sua rilevanza e la sua centralità. Ieri come oggi. Basti, ad esempio, ricordare come la Guerra dei sette anni consentirà all’Inghilterra una vera e propria egemonia talassocratica globale.

Non sappiamo se celebreremo nel 2022 il 40° anniversario della Convenzione di Montego Bay, che ha codificato il diritto del mare nel 1982. Tuttavia, nonostante le sue piccole imperfezioni, questo testo stabilisce la lex maritima in tutti i suoi aspetti (quanto lo furono le tavole amalfitane). Con la notevole eccezione degli Stati Uniti, del Venezuela, del Perù, del Sud Sudan e dei cinque paesi dell’Asia centrale (senza sbocco sul mare), tutti i membri delle Nazioni Unite lo hanno firmato e ratificato. D’a quel momento in poi, gli spazi marittimi sono diventati i territori della globalizzazione. Il 90% del commercio mondiale è effettuato via mare. Le principali rotte marittime attraversano il mondo, passando attraverso punti di tensione, suscettibili di alimentarle o addirittura di creare conflitti.



85.202 navi transitavano nel 2018 attraverso lo Stretto di Malacca, attraverso il quale passa l’80% del petrolio consumato da Cina, Giappone o Corea del Sud. 19.311 navi sono passate attraverso il canale di Suez, 13.369 attraverso il Canale di Panama. D’altra parte, i cavi sottomarini forniscono l’80% delle telecomunicazioni mondiali (telefono e Internet): una vasta rete di 426 cavi sottomarini distribuiti su 400.000 chilometri, ad una profondità massima di 8.500 metri. Di conseguenza, gli spazi marittimi oscillano tra cooperazione e concorrenza.



A questo proposito, il sea power è diventato, insieme al cyberspazio, il vero standard di potere statale. Certamente gli Stati Uniti, con le loro 11 portaerei nucleari, tra cui una delle classi Gerald Ford che è costata 10 miliardi di euro, e i suoi 70 sottomarini nucleari, tra cui 53 d’attacco, rimangono una marina senza precedenti, anche se la Cina ora con 350 navi li supera in numero (293 quelle degli Usa), ma non in stazza.

Il mare conduce a tutte le coste: strade, porti e traffico, che sono sempre più orientati verso l’Asia. Solo la Cina importa il 70% del minerale di ferro mondiale, il 70% di carbone e il 60% di grano. Tra i 10 porti più grandi del mondo, c’è solo Rotterdam con una stazza lorda di 461 milioni di tonnellate rispetto ai 647 milioni di Shanghai e ai 593 milioni di Singapore (dati 2016). Il 30% del petrolio proviene da offshore. Infine, gli spazi marittimi sono spazi da proteggere, in particolare per quanto riguarda le risorse ittiche. La Cina, con 14,65 milioni di tonnellate, è il principale produttore di pesce. Anche l’inquinamento marino, l’80% del quale proviene dalla terraferma attraverso i fiumi, deve essere combattuto. Una lotta incessante non ha mai vinto nonostante decine di convenzioni, accordi pratici comuni e misure. A ben guardare, le cifre sono spaventose: ci sono 1,3 milioni di oggetti per kmq al largo della Sicilia.



Il ruolo degli oceani nella regolamentazione del clima globale è essenziale. Ridistribuisce enormi quantità di calore grazie alle correnti marine, assorbe dal 20 al 30% delle emissioni di CO2 o 12 miliardi di tonnellate equivalenti, il che fa sì che il suo riscaldamento espanda il suo volume e aumenti il livello dell’acqua di 3-4 millimetri all’anno. Ha già assorbito quasi 160 miliardi di CO2 dal 1870. Dal 1970, ha assorbito il 94% del calore in eccesso creato dalle attività umane. Dal 1993 il riscaldamento degli oceani è più che raddoppiato rispetto ai 25 anni precedenti.
Tra il 1971 e il 2010 lo strato dei primi 75 metri è aumentato di 0,11°C per decennio, in strati compresi tra i 700 e i 2000 metri, è quasi triplicato. Che livello di elevazione del mare vedremo entro il 2100? 84 centimetri, 1,10 metri o 2 metri in caso di improvviso scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide?

Come sottolineava Charles de Gaulle, l’attività degli uomini si rivolgerà sempre più alla ricerca dello sfruttamento del mare e, naturalmente, le ambizioni degli Stati cercheranno di dominare il mare per controllarne le risorse.

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