Dal punto di vista strettamente geopolitico la sovranità e l’indipendenza energetica sono fattori fondamentali per un paese almeno tanto quanto lo sviluppo di infrastrutture portuali e zone franche per un’adeguata proiezione di potenza economica.

Al contrario l’Italia, almeno stando ai dati del 2017, importa il 90% del petrolio e del gas dall’estero e cioè dal Nordafrica, dal Qatar, dalla Russia e persino dall’Olanda e dalla Norvegia. Un altro elemento che riduce fortemente la sovranità politica ed economica del nostro paese, ed in particolare la sua proiezione offensiva in campo economico, sono le infrastrutture portuali.



Nonostante la centralità del Mediterraneo, come d’altronde del Canale di Suez per il commercio globale e nonostante l’altissimo livello della cantieristica italiana, gli snodi portuali centrali sono quelli di Rotterdam e Anversa, di Le Havre e Dunkerque in Francia, di Zeebrugge in Belgio e di Amburgo e Bremerhaven in Germania poiché attraverso di loro transita il 50% del commercio mondiale.



Accanto a questi porti un ruolo centrale hanno quelli di Tanger Med in Marocco, quello del Pireo in Grecia e infine quello di Port Saīd in Egitto. A tale proposito l’Egitto ha creato la Suez Canal Economic Zone che abbraccia ben sei infrastrutture portuali e cioè Port Saīd Est, Port Saīd Ovest, Port al-Arīš sul Mediterraneo, Adabiyya, ‘Ayn Suḫna e Tor nel Golfo di Suez. Ebbene, grazie a questa lungimirante iniziativa che ha permesso un aumento esponenziale degli investimenti stranieri, il rafforzamento del Canale di Suez consentirà di collegare a livello commerciale l’Europa all’Asia, all’Africa e al Golfo. Superfluo sottolineare il ruolo determinate della cinese Teda Investment Group nello sviluppo di queste infrastrutture portuali, ruolo determinato dal progetto di espansione globale noto come Nuova Via della Seta che nel continente africano vede uno dei suoi snodi essenziali.



Di analogo rilievo, sia nel contesto del commercio globale che in quello africano, è la marocchina Tangeri Med.

Proprio recentemente il principe Moulay El Hassan in rappresentanza del re del Marocco Mohammed VI ha inaugurato il Tangeri Med 2, il progetto titanico iniziato 9 anni prima per trasformare il Marocco in uno dei principali centri logistici a livello mondiale. Infatti Tangeri Med ha permesso al porto di triplicare la sua capacità, da 3 milioni a 9 milioni di container all’anno. Per la sua realizzazione sono stati investiti 88 miliardi di dirham (8,25 mld di euro), di cui 53 provenienti dal settore privato e tutto ciò rappresenta certamente un esempio di successo in termini di partnership pubblico-privato.

Situato sullo Stretto di Gibilterra, a 40 km da Tangeri e 14 km dalla costa spagnola, Tangeri Med ora supera i propri concorrenti e cioè Port Said sul Canale di Suez e Durban in Sud Africa. La centralità di Tangeri Med è determinata dal fatto che più di 139 miliardi di dirham di beni sono passati lo scorso anno attraverso Tangeri Med, ovvero il 50% delle esportazioni del Marocco. Pur intensificando gli scambi con l’Africa sub-sahariana, Tangeri Med ha, per la prima volta nel 2018, collegato i porti di Gibuti, Irlanda, Bahrein, Guatemala e Madagascar. Ebbene, il 40% del traffico è destinato all’Africa e i costi logistici – nell’Africa sub-sahariana – sono diminuiti grazie a Tangeri Med. Non dobbiamo dimenticare che, in termini di distribuzione del traffico di container per tonnellaggio per area geografica, l’Africa rappresenta esattamente il 38% del volume, precedendo l’Europa (27%) e l’Asia (26%). Grazie a Tangeri Med in Africa vi sono 912 aziende nei settori industriale, logistico e dei servizi e, fra questi, troviamo Bolloré, la coreana Hands (cerchi in alluminio), la giapponese Fukurawa, esperta nel settore della fibra ottica, la tedesca Prettl (cablaggio automobili) e la Ztt cinese (anche questa specializzata in fibra ottica).

In parallelo con la piattaforma industriale Tanger Med Zones (Tmz) che integra i settori automobilistico, aerospaziale, logistico, tessile e dei servizi, Tanger Free Zone (Tfz) rappresenta la principale zona libera dell’Africa. Da parte sua, la Medhub Free Logistics Zone, aperta dal 2008, offre una serie di vantaggi fiscali e doganali ai propri clienti, tra cui Bolloré, Bosch, Emirates e Société Nationale du Transport et de la logistique (Sntl).

Nel 2018, il fatturato di Tanger Med ammontava a circa 80 miliardi di dirham.

L’attrattiva, sotto il profilo economico, dovrebbe essere ulteriormente rafforzata con la costruzione della Cité Mohammed VI Tangeri Tech. Un progetto questo che è stato possibile grazie alla Tangier Tech Development Company (Satt) e alla società cinese China Construction Communication Company. La smart city marocchina dovrebbe ospitare industrie e multinazionali su oltre 2.000 ettari.

Quali sono le conclusioni da trarre sotto il profilo strettamente geopolitico?

In primo luogo, i porti – come le basi militari – hanno da sempre costituito uno strumento di proiezione di potenza delle nazioni.

In secondo luogo, si rafforza la presenza cinese in Africa – insieme a quella tedesca – ma soprattutto si rafforza la presenza delle industrie cinesi specializzate in fibra ottica, poiché la Cina mira a superare gli Stati Uniti, costruendo una via della seta digitale alternativa e concorrente a quella americana passando anche attraverso l’Africa. In terzo luogo, si rafforza la presenza francese anche grazie alla multinazionale francese Bolloré (a tale proposito rinviamo per un ampio apprendimento al saggio di Fiorina Capozzi su Bolloré), grazie alla quale la Francia cerca di contenere la presenza americana e cinese nel continente africano.

Veniamo adesso al nostro paese. Ebbene, nonostante la centralità che per il nostro paese ha avuto il commercio marittimo (pensiamo al ruolo determinate che giocarono Genova e Venezia), le infrastrutture portuali – che non sono integrate – come Gioia Tauro, Taranto, Cagliari, Genova, La Spezia, Livorno e Trieste giocano un ruolo assolutamente marginale rispetto a quelle indicate. Forse solo grazie al DL 91 del 2017 intitolato “Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno” che ha introdotto la possibilità di istituire zone economiche speciali con la finalità di attrarre investimenti privati, il nostro paese potrebbe solo in parte (a volere essere ottimisti) ridurre il gap con le infrastrutture portuali poc’anzi menzionate.