Al di là della credibilità o meno delle dichiarazioni del presidente Donald Trump in merito alla necessità di acquistare la Groenlandia, storicamente parlando gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo di estrema rilevanza sia durante la seconda guerra mondiale che durante la guerra fredda.

Nella seconda guerra mondiale l’interesse americano era relativo alla possibilità di contrastare la Germania, mentre durante la guerra fredda era relativo alla necessità di anticipare e contenere al contempo il pericolo sovietico.



Più nello specifico, l’interesse americano durante la seconda guerra mondiale fu da un lato quello di impedire che la Groenlandia potesse diventare un’infrastruttura militare per la proiezione di potenza tedesca; e dall’altro lato di servirsi della Groenlandia come base logistica per porre in essere l’offensiva marittima a sostegno degli Alleati nel Nord Atlantico. Proprio a questo scopo gli americani costruirono fondamentali infrastrutture aeree, navali e centri di comunicazione che si riveleranno fondamentali durante la seconda guerra mondiale.



Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti installarono una fondamentale infrastrutture militare a Thule, nella Groenlandia nordorientale, per ospitare i bombardieri B-36 americani in funzione antisovietica, bombardieri che verranno poi sostituiti con i bombardieri strategici B-47 Stratojet. Lo sviluppo poi dei B-52 e soprattutto dei satelliti spia comportò un ridimensionamento della base aerea di Thule. A partire dagli anni 60 la strategia antisovietica americana valorizzò nuovamente la Groenlandia non più nel suo ruolo offensivo, ma in quello difensivo, poiché la collocazione geografica della Groenlandia poteva consentire di anticipare l’offensiva degli Icbm sovietici.A tale scopo la costruzione di un’infrastruttura radar a Thule, che rientrava nella Ballistic Missiles Early Warning System, svolse un ruolo chiave nella strategia antisovietica.



Conclusa la guerra fredda, durante la presidenza di Georges Bush junior l’infrastruttura radar di Thule ebbe nuovamente un ruolo di rilievo nel contesto della difesa missilistica.

Ora, al di là degli aspetti storico- militari, la Groenlandia, sotto il profilo squisitamente economico, ha un Pil talmente irrisorio che per la sua sopravvivenza economica necessita di sostanziosi investimenti annuali (457 milioni di euro) da parte della Danimarca. Provincia autonoma del regno danese o territorio d’oltremare danese, viene considerata la più grande isola del mondo ed è ricoperta per l’85% dal ghiaccio.

Quanto alle infrastrutture stradali ed aeroportuali (Kangerlussuaq e Narsarsuaq) queste furono costruite dagli Usa durante la seconda guerra mondiale. Proprio allo scopo di superare questi limiti economici di natura intrinseca, la Groenlandia ha cercato di sfruttare le sue risorse naturali favorendo gli investimenti dall’estero e, fra questi, anche quelli provenienti dalla Cina (membro come osservatore permanente del Consiglio Artico) che intende investire nell’isola circa 15 miliardi di euro.

Infatti è necessario tenere presente che la Groenlandia possiede risorse considerate strategiche sia sul piano militare che sul piano civile: il ferro, le terre rare, i giacimenti di uranio, i giacimenti diamantiferi, il piombo e naturalmente le risorse petrolifere: non dimentichiamoci che la Groenlandia viene considerata una delle più grandi aree petrolifere del mondo. Ebbene, proprio per questa ragione la Cina è interessata a sfruttare non solo le risorse relative all’uranio, ma anche quelle petrolifere e quelle relative alle terre rare.

A tale proposito il bacino di Kvanefjeld, collocato nel sud della Groenlandia, è considerato il più importante giacimento di terre rare e uranio al mondo e sia la Shenghe Resources che la China National Nuclear Corporation hanno posto in essere sinergie di collaborazione per lo sfruttamento delle risorse.

Oltre al sito di Kvanefjeld, la Cina ha interesse sia nell’estrazione di zinco in Citronen, collocata nell’estremo nord della Groenlandia, sia nello sfruttamento dei combustibili fossili attraverso la China National Petroleum Corp e la China National Offshore Oil Corp.

Dal punto di vista strategico, la proiezione di potenza cinese in Groenlandia deve essere contestualizzata in quella artica, come si evince chiaramente dal report del giugno 2017 intitolato “Vision for Maritime Cooperation under the Belt and Road Initiative”, nel quale Pechino ha contestualizzato la rotta artica – e quindi la Groenlandia – nel più ampio progetto della Belt and Road Initiative, in stretta simbiosi con la Russia di Putin.

Proprio per questa ragione la Cina, come ha già fatto in Africa, intende investire in Groenlandia anche in moderne infrastrutture aeroportuali oltre che estrattive. Tuttavia, nonostante l’interesse della Groenlandia nei confronti degli investimenti cinesi, la Groenlandia non ha mai trascurato i suoi stretti legami sia di natura politica che di natura militare con gli Stati Uniti e proprio per questo ha cercato di impedire con successo alla Cina di prendere possesso della base navale di Grønnedal.

Insomma la Groenlandia si muove all’interno di una linea molto sottile tra la necessità di salvaguardare i propri interessi economici e la necessità di essere un alleato fedele sul piano politico e militare agli Stati Uniti, i quali -pienamente consapevoli delle ambizioni cinesi a livello economico in Groenlandia, ma soprattutto della sinergia sino-russa in Artico volta a contenere l’egemonia militare ed economica americana – hanno incrementato i loro investimenti sia in ambito militare che in ambito scientifico, progettando l’inserimento della Groenlandia all’interno dell’Alleanza atlantica.