Tra Thailandia e Vietnam esistono affinità soprattutto in relazione al ruolo determinante che la Cina ha svolto – e svolge – nel condizionare le scelte politiche, economiche e militari delle due nazioni. Ma entriamo nel dettaglio e incominciamo dalla Thailandia. L’attuale direttore del dipartimento delle pubbliche relazioni thailandese è il generale Sansern Kaewkamnerd che sta esercitando una rilevante pressione sul governo thailandese affinché la cooperazione con la Cina – anche nel contesto del controllo dell’informazione e in generale del social media – raggiunga una sinergia sempre più stretta. Questa cooperazione dovrebbe spingersi, secondo il generale, ad adottare anche in Thailandia un modello di censura simile a quello cinese, modello di censura che è stato posto in essere dal primo ministro uscente Prayut Chan-o-cha.



Tutto ciò non deve destare particolare sorpresa, dal momento che il generale ha avuto una stretta collaborazione con la Cina a partire dal novembre 2019, anno in cui ha siglato un protocollo d’intesa con l’ex ambasciatore cinese in Thailandia Lyu Jian, per una collaborazione tra il suo dipartimento e il notiziario cinese Xinhua.



Una delle conseguenze di questa intesa – certamente fruttuosa per la Cina – è la cooperazione siglata ad agosto tra China Media Group e l’Associazione dei giornalisti thailandesi. Naturalmente dal punto di vista occidentale definirla “cooperazione” è un eufemismo: si tratta di esercitare un controllo sempre più pervasivo sull’attività dei giornalisti in Thailandia violando la libertà di informazione e quindi di critica.

Ma se la Thailandia si muove in questa direzione non è certo casuale, considerando che il potere politico in Thailandia è nelle mani dei militari dal 2014 e gran parte degli investimenti stranieri in Thailandia provengono dalla Cina.



La situazione del Vietnam non è in fondo molto diversa da quella della Thailandia. Pensiamo, ad esempio, al fatto che l’attuale ministro dell’informazione e della comunicazione, cioè Nguyen Manh Hung, non solo proviene da un’esperienza di amministratore del conglomerato militare Viettel, ma anche lui come il ministro thailandese intende applicare fino in fondo la legge sulla sicurezza informatica varata nel settembre 2022, che consente al governo vietnamita di recuperare i dati degli utenti ed eliminare contenuti che potrebbero minare la sicurezza nazionale, in altre parole contenuti che potrebbero danneggiare le decisioni prese dal partito comunista vietnamita.

Dal momento che il controllo dell’informazione è di grandissima rilevanza politica, l’attuale presidente del Vietnam Vo Van Thuong si è concentrato sul controllo delle informazioni e ha incaricato i comitati direttivi 35 (Ban Chi dao 35), unità di propaganda provinciali, di prepararsi a porre in essere una propaganda ampia e capillare in tutto il Paese sradicando le radici del dissenso.

Pertanto non sorprende che all’interno del controllo dell’informazione vi sia una lotta di potere tra il ministero dell’informazione da una parte e il dipartimento politico generale che fino a questo momento ha esercitato il controllo della informazione attraverso un’unità speciale denominata Force 47.

Infine esiste un’altra istituzione che vuole accaparrarsi il controllo dell’informazione ed è la Commissione di propaganda del partito controllata dal generale Nguyen Trong Nghia.

In conclusione sia in Thailandia che in Vietnam non solo l’esercito svolge ruolo determinante, non solo la Cina svolge un ruolo di fondamentale influenza, ma in entrambe le nazioni si costruiscono apparati tecnologici sempre sempre più raffinati – al di là delle lotte di potere fra apparati di controllo – per imbavagliare la libertà di stampa e per rendere quindi la società sempre più docile alle direttive dei rispettivi partiti.

Ciò che accade in Thailandia e in Vietnam dovrebbe fare riflettere le società occidentali su quanto preziosa sia la libertà di informazione e su come sia necessario tutelarla in tutte le forme possibili, come dimostra la drammatica vicenda di Julian Assange.

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