Prosegue incessante e imperterrita la dinamica conflittuale fra gli Stati per consolidare o ampliare la loro egemonia a livello globale. E l’Artico non fa certo eccezione da questo punto di vista. 

L’Artico ha il potenziale per diventare uno spazio conteso in cui le grandi potenze rivali degli Stati Uniti, ovvero la Russia e la Cina, cercano di usare il potere militare ed economico per ottenere e mantenere l’accesso alla regione a scapito degli interessi americani. Ed è proprio da questa premessa che inizia un lucidissimo documento strategico redatto dall’US Army.



Secondo gli analisti americani la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti evidenzia l’Artico come un corridoio per una maggiore competizione strategica tra due regioni: l’Indo-Pacifico e l’Europa.

Le otto nazioni del Consiglio artico (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti) hanno rivendicazioni territoriali sovrane nella regione. Sebbene la Cina non possieda terre al di sopra del Circolo polare artico, si considera una “nazione del vicino artico” e, dal 2014, detiene lo status di osservatore presso il Consiglio artico. Mentre la maggior parte delle nazioni artiche sono alleate degli Stati Uniti, le grandi potenze concorrenti dell’America – Russia e Cina – hanno sviluppato strategie artiche con obiettivi geopolitici contrari agli interessi degli Stati Uniti. La Russia cerca di consolidare le rivendicazioni sovrane e controllare l’accesso alla regione. La Cina mira ad ottenere l’accesso alle risorse dell’Artico e alle rotte marittime per garantire e rafforzare la sua crescita militare, economica e scientifica. L’Artico è essenziale per il potere militare della Russia. Gli sviluppi militari russi nella regione dimostrano la rilevanza della competizione di potenza.



L’Artico viene letto dal documento come nuova frontiera strategica (accanto allo spazio e ai fondali marini) e proprio per questo la Cina vuole accedervi.

Ma cosa cercano Cina e Russia nell’Artico? 

1. Energia e minerali. Secondo la maggior parte delle stime, l’Artico ospita il 13% del petrolio mondiale, o 90 miliardi di barili, e il 30% del gas naturale mondiale, circa 47 trilioni di metri cubi. Inoltre, l’Artico ha vasti depositi di metalli di base (alluminio, rame, ferro, nichel e stagno), metalli preziosi (oro, platino e argento), pietre preziose (diamanti), altri minerali (apatite, grafite e gesso) e uranio. Forse la cosa più importante per le società digitali di tutto il mondo è il fatto che l’Artico è anche una fonte di metalli delle terre rare (disprosio, neodimio e praseodimio). Questi metalli consentono la miniaturizzazione di componenti per motori di aerei e armi avanzate, nonché televisori, smartphone, laptop, automobili e farmaci per il trattamento del cancro.



2. Trasporti. A causa dei cambiamenti climatici c’è stata una riduzione del 40% nell’indice di ghiaccio marino artico negli ultimi quattro decenni durante i mesi più caldi (giugno-luglio) e del 10% nei mesi più freddi. Poiché l’estensione del ghiaccio marino si ritira a livelli record, sussiste l’interesse ad esplorare il potenziale per il nuovo trasporto marittimo trans-artico. Se ciò fosse possibile questo garantirebbe di ridurre il tempo di viaggio tra l’Europa e l’Asia evitando strozzature marittime tra cui lo stretto di Malacca, il Bab al Mandeb e il Canale di Suez.

Nei prossimi 30 anni, l’Artico sarà fondamentale per la sopravvivenza economica russa, mentre per la Cina l’Artico sarà una fonte necessaria per la diversificazione energetica e manifatturiera, dei trasporti e della sicurezza alimentare.

Nello specifico, per quanto concerne la Russia, avendo la più grande quantità di terra al di sopra del Circolo polare artico, questa avrà come priorità quella di difendere il suo diritto storico di governare l’estremo nord, assicurando i suoi interessi territoriali contro quelli degli stati allineati con la Nato.

Infatti, a partire dal 2010, la Russia ha investito un miliardo di dollari per ristrutturare 13 aeroporti, migliorare le capacità di ricerca e soccorso e aggiornare le stazioni radar per migliorare la consapevolezza nei domini aerei e marittimi, compresi i sistemi radar Sopka-2 sull’Isola di Wrangel (300 miglia dall’Alaska) e Cape Schmidt. Questi sistemi creano una “cupola protettiva” lungo la vasta costa artica della Russia e servono a rilevare e tracciare navi e aeromobili. Offrono alla Russia una copertura quasi completa della sua costa settentrionale e delle acque adiacenti. Mosca ha annunciato che aumenterà il numero di unità di difesa aerea e missilistica S-400 dispiegate nel suo territorio artico. Infatti l’Isola di Kotelny e Novaya Zemlya sono dotate di sistemi missilistici di difesa costiera Bastion-P e di difesa aerea Pantsir-S1, che creano un complesso sistema di difesa costiera stratificato che protegge il territorio più in profondità nell’Artico centrale.

Inoltre le maggiori capacità di proiezione di potenza della Russia nel Mare di Barents evidenziano la sua capacità di negare l’accesso aereo, marittimo o terrestre alle forze Nato o statunitensi.

Il continuo sviluppo delle risorse energetiche della Russia nell’Artico è cruciale per la sua futura sopravvivenza economica e per il suo status di potenza maggiore. L’Artico è un’enorme fonte di risorse energetiche e di entrate per la Russia, rappresentando i due terzi del petrolio e del gas russi. L’Artico rappresenta infatti quasi il 20% del Pil russo, il 22% delle sue esportazioni e più del 10% di tutti gli investimenti in Russia.

Il 75% del petrolio russo e il 95% delle sue riserve di gas naturale si trovano nel nord. La Russia ha sviluppato 10 principali giacimenti petroliferi, con 2,3 miliardi di tonnellate di riserve accertate, e 22 giacimenti di gas con 35,7 trilioni di metri cubi di gas. Questi progetti, tuttavia, dipendono fortemente da capitali esterni, in particolare dalla Cina. Questo è un altro elemento che induce Pechino ad avere un interesse geopolitico di grande significato.

L’interesse di Pechino per l’estremo nord è finalizzato ad avere il controllo delle risorse economiche nella regione. La Cina ha iniziato a normalizzare la sua presenza nell’Artico quasi due decenni fa sotto gli auspici dell’esplorazione scientifica. In quanto firmataria del Trattato di Spitsbergen del 1920 (Trattato delle Svalbard), la Cina ha aperto la sua prima stazione di ricerca scientifica a Arctic Yellow River Station sull’isola di Svalbard in Norvegia. Da allora, la Cina ha inviato diverse spedizioni scientifiche, alcune con una presenza duratura, nella regione.

Allo scopo di porre in essere la sua politica di proiezione di potenza ha lanciato la Polar Silk Road Initiative nel 2018. L’iniziativa si basa sulle tattiche di soft power della Belt and Road Initiative che si concretizzano nello sviluppo di infrastrutture nelle comunità dell’estremo nord.

Gli sforzi della Cina nell’Artico cercheranno probabilmente di preservare l’accesso illimitato alla rotta del Mare del Nord e alle acque internazionali dell’Oceano Artico centrale. La Cina sta cercando di preservare i suoi diritti sovrani sulla regione attraverso la scoperta, la presenza continua e l’influenza. Ha anche espresso interesse nella costruzione di cavi transcontinentali e transfrontalieri per facilitare il trasferimento di dati ad alta velocità tra Europa e Asia. Ma il maggiore pericolo secondo il report è rappresentato dalla Confluenza russa e cinese.

Le sanzioni statunitensi ed europee alla Russia per l’annessione della Crimea nel 2014 hanno causato un riorientamento dei mercati energetici russi verso l’Asia; Mosca si è rivolta a Pechino come fonte di finanziamento e tecnologia a lungo termine per aiutare lo sviluppo energetico e delle infrastrutture nell’estremo nord. Ciò ha incoraggiato il perseguimento della Cina delle sue ambizioni economiche artiche sotto gli auspici della Polar Silk Road nel momento esatto in cui le ambizioni economiche globali di Pechino sotto la bandiera della sua Belt Road Initiative stanno guadagnando slancio. Una confluenza di interessi economici e politici ha portato a un’accelerata cooperazione russa e cinese nell’Artico, come evidenziato dallo Yamal Liquid Natural Gas Project, una joint venture da 27 miliardi di dollari tra la Chinese National Petroleum Corporation e la società energetica russa Novatek.

L’energia artica russa è una delle tante fonti energetiche necessarie per saziare i bisogni energetici a lungo termine della Cina e serve a diversificare l’approvvigionamento.

In ultima analisi la maggiore presenza fisica della Cina nell’Artico, combinata con le crescenti ambizioni economiche e militari della Russia nella regione, evidenzia come entrambe le nazioni abbiano progetti strategici a lungo termine per l’Artico. Non è chiaro, tuttavia, se possano conciliare le loro ambizioni di rimodellare la regione per soddisfare i loro interessi strategici individuali.

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