Il modo più semplice e sbagliato per capire la visita di Putin dal suo amico coreano Kim Jong-un è ricorrere ad una valutazione morale. Due dittatori, autocrati, che si abbracciano in mezzo ad una coreografia kitsch improponibile ad un pubblico mondiale occidentale abituato alle raffinate serie tv dove i pur “cattivi” come Tony Soprano siedono sul lettino dello psicoanalista. Qui invece, nella vuota Pyongyang, in mezzo a cartelloni pubblicitari se va bene stile anni 30, Kim Jong-un, brutto e grasso, ha ricevuto il suo gelido e gonfio alter ego russo. E i due reietti si sono abbracciati e riconosciuti.
Ma l’estetica moraleggiante non serve per capire cosa si muove nel dramma in corso sulla scena internazionale.
Putin e Kim stanno giocando una partita esistenziale. Entrambi vogliono cambiare l’ordine del mondo e stanno sfidando gli Stati Uniti e i loro alleati, che a loro volta combattono non si sa quanto consapevolmente la stessa battaglia.
La guerra in Ucraina è uno dei fronti della partita, della guerra limitata sul campo ma asimmetrica e globale. Ed ecco che Putin in modo spregiudicato si muove su più fronti, compresa la minaccia, tramite il rinforzato partenariato strategico globale, con la Nord Corea sullo scacchiere Indo-Pacifico. Area di crisi che va ad aggiungersi all’Africa – non si dimentichino i movimenti militari russi tramite la PMC Wagner e i gruppi che l’hanno sostituita, si veda il Niger, il Medio Oriente allargato, dallo Yemen al supporto ad Hamas e Hezbollah, alla Siria o agli amici arabi.
Non solo: Putin cerca anche di spostare il peso dei rapporti con la Cina, adesso fortemente sbilanciati, che vedono Mosca dipendente da Pechino, riprendendo l’iniziativa magari con promesse di accordi commerciali e logistici via Corea. Il capo del Cremlino ha inoltre bisogno di armi, di proiettili che la Corea sta inviando a ritmi forsennati, dall’inizio della guerra si calcolano qualcosa come 7mila container.
In cambio, Kim sta ottenendo contropartite importantissime. Prima di tutto la rottura dell’isolamento internazionale, si veda il veto russo all’ONU nel marzo scorso, e ancora cibo, energia, ma soprattutto tecnologia per sviluppare i sistemi missilistici intercontinentali e rendere credibile la sua minaccia nucleare. Si calcola, infatti, che la Corea disponga di 5mila testate atomiche. A questo va aggiunto il bisogno di valuta straniera, che Putin ha assicurato con la promessa di utilizzare nuova mano d’opera nella ricostruzione in Ucraina (a tutt’oggi sono circa 100mila i lavoratori coreani impiegati all’estero).
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