Caro direttore,
dietro l’operazione “fonte di pace”, il nuovo avventuroso conflitto che sta insanguinando un già martoriato Medio oriente, si intravede chiaramente un vero e proprio progetto egemonico. Una chiara strategia di messa nell’angolo del “continente della paura”: la nostra cara vecchia Europa.

L’idea sembra essere quella di creare, ai confini dell’Europa, una “bomba umana” al fine incauto di tenere sotto scacco l’intera Unione (compresi gli Stati dell’est) al fine di ottenere, nell’immediato, nuovi preziosi denari per le casse turche e, in prospettiva non troppo lontana, creare le condizioni irrinunciabili di pressione per una entrata della Turchia nella Comunità al fine di porre un rimedio pressoché definitivo ad una situazione economica sempre più difficile.



Andiamo con ordine.

Nei giorni successivi alla decisione di Ankara di far brillare gli ordigni contro la popolazione curda di stanza nel nord della Siria si è detto che l’offensiva turca mirasse ad una conquista di nuovi territori per farvi alloggiare i 3,6 milioni di immigrati attualmente presenti in Turchia per i quali l’Europa ha riconosciuto al presidente Recep Tayyip Erdogan un “contributo a fondo perduto” di 6 miliardi di euro.



Un’interpretazione certamente verosimile ma forse troppo ottimistica, da un lato, e minimalista, dall’atro.

L’idea di conquistare nuovo territorio alla Siria, con la scusa di espropriarlo al popolo curdo, permetterà alla Turchia di creare una “nazione nella nazione”: un “ghetto dell’immigrazione”, lontano dalle mete turistiche turche ma assai grande da ospitare decine di milioni di immigrati provenienti dall’Africa. Una “massa umana” che diverrebbe, per lo stesso fatto di esistere, una minaccia immane, reale e costante per l’Europa.

Appunto, quella “bomba ad orologeria” che darebbe ad Erdogan e all’intera Turchia un potere contrattuale immenso in termini di richieste finanziarie, oltre a rappresentare una vera e propria “arma umana” puntata contro Bruxelles qualora la pratica di entrata della Turchia in Europa dovesse essere definitivamente archiviata.



Uno scenario molto preoccupante che potrebbe addirittura aggravarsi.

Se infatti, in terra curda riconquistata alla Turchia (si parla di migliaia di chilometri quadrati), dovessero rimanere anche i prigionieri dell’Isis oggi reclusi nella carceri curde, si creerebbe un “ghetto nel ghetto” con un’enclave terroristica interna.

In una situazione del genere i milioni di immigrati, stremati dalla fame, diverrebbero facile terreno di conquista ideologica per l’ortodossia islamica e una possibile fiorente fucina di terroristi.

Uno scenario da incubo che l’Europa deve contrastare con estrema decisone e, soprattutto, con una strategia unitaria, chiara, risolutiva ed efficace a partire dall’incontro che si terrà oggi in Lussemburgo tra i ministri degli Esteri dell’Unione e che troverà il suo compimento nella Conferenza dei presidenti di Stato e di Governo in programma il prossimo fine settimana.

I “cieli sopra l’Europa” rischiano di farsi davvero bui!