Partiamo dai fatti. L’accordo sulla cooperazione congiunta in politica estera e difesa tra la Grecia e gli Emirati Arabi Uniti (Eau) è stato firmato durante la visita ufficiale del primo ministro greco il 18 novembre 2020. L’accordo sancisce la determinazione di entrambi i paesi a rafforzare la loro partnership strategica nel contesto della difesa con l’obiettivo di promuovere la cooperazione e affrontare insieme sfide comuni e minacce.



È in questo contesto che l’accordo contiene una clausola di mutua difesa oppure una clausola di mutua assistenza militare che equivale a una dottrina di difesa comune in quanto prevede che nel caso in cui uno dei paesi sia minacciato o attaccato, entrambi si impegnano a contribuire alla difesa di chi viene attivato per garantire la loro sovranità e indipendenza territoriale.



Per l’attuazione dell’accordo è stato istituito un meccanismo di consultazione regolare a livello di ministri degli Esteri, mentre sarà istituito in un secondo momento un Comitato misto supremo tra la Grecia e gli Emirati.

L’accordo prevede anche la presenza delle forze militari di un paese nel territorio dell’altro e lo scambio di informazioni di intelligence classificate. Questa disposizione viene fra l’altro a normare e legittimare la presenza di forze militari della Grecia, uno stato membro della Nato e dell’Ue, e degli Emirati Arabi Uniti, un paese membro del Consiglio di cooperazione del Golfo, nel territorio dell’altro.



Un ulteriore accordo per la formazione di tecnici degli Emirati nell’industria aeronautica greca sarà presto finalizzato. Il Centro di addestramento all’armatura di Avlona ospiterà i tecnici degli Emirati, data la sua vicinanza alla base tecnica dell’industria aeronautica greca in un’area di circa 90 acri all’interno della quale verranno costruite tutte le infrastrutture e le strutture necessarie.

Qual è in buona sostanza il significato geopolitico di questo accordo di così grande rilevanza?

È abbastanza evidente che tale accordo è stato concluso allo scopo di contrastare la proiezione di potenza turca sia nel Golfo arabo sia in Siria, in Libia e soprattutto nel Mar Mediterraneo orientale. Come infatti più volte sottolineato su queste pagine, il neo-ottomanesimo turco implica il ripristino dell’influenza di Ankara nelle aree dell’ex impero ottomano allo scopo di trasformare la Turchia in una potenza egemone nel Mediterraneo orientale, nel Medio Oriente e nei Balcani.

Non a caso numerose sono stare le provocazioni turche che sono state poste in essere: (a) l’istituzione dell’Esercito dell’Egeo negli anni 70 con una postura offensiva, (b) l’invasione e l’occupazione di parte di Cipro, (c) le ripetute violazioni da parte della Turchia delle acque territoriali e dello spazio aereo della Grecia, stimate intorno a 7mila solo per il 2019, e (d) il casus belli proclamato dal parlamento turco nel caso in cui la Grecia estenda le sue acque territoriali fino a 12 miglia nautiche.

Tale accordo di partnership non deve destare sorpresa per alcune ragioni molto semplici.

In primo luogo, al culmine della crisi greco-turca nell’agosto 2020, quando la nave sismica Oruc Reis ha condotto indagini in aree marittime che in parte rientrano nella piattaforma continentale greca, gli Eau hanno trasferito quattro F-16 sull’isola greca di Creta dove sono rimasti di stanza per due settimane partecipando ad esercitazioni aeree congiunte con la Hellenic Air Force.

In secondo luogo gli Eau partecipano già alla formula 3+1 composta da Egitto, Cipro e Grecia insieme alla Francia e discutono regolarmente delle crisi regionali che minacciano la pace e la stabilità, compresi gli sviluppi nel Mediterraneo orientale.

In terzo luogo, e questo è un aspetto di natura strettamente militare, le forze armate degli Emirati sono una delle più moderne della regione, tecnologicamente dotate di sistemi all’avanguardia. L’aeronautica militare degli Emirati Arabi Uniti dispone di 68 jet da combattimento francesi Mirage 2000 e 78 F-16 da combattimento americani; la sua Marina ha 11 corvette e il governo di Abu Dhabi è il primo al mondo ad aver acquisito il sistema antiaereo Terminal High Altitude Area Defense (Thaad) della Lockheed Martin. Il sistema è progettato per abbattere missili balistici a corto, medio e medio raggio nella loro fase terminale intercettandoli con un approccio hit-to-kill. In totale, 100mila persone prestano servizio nell’esercito, nella marina e nell’aeronautica degli Emirati Arabi Uniti