Il 23 e il 24 ottobre si è tenuto a Sochi, in Russia, il primo summit e forum economico Russia-Africa, alla presenza di  40 delegazioni africane. Al di là dei 500 accordi siglati – per un volume complessivo di 12 miliardi di dollari – la Russia ha consolidato la sua proiezione di potenza sia nel settore degli armamenti che nel settore minerario. Di particolare significato è il consolidamento della infrastruttura militare nel Sahel.



Non c’è dubbio, alla luce anche di questo recente summit, che l’influenza russa in Africa sia oramai in continuo incremento dopo la dissoluzione dell’Urss. Se da un lato tale politica è finalizzata allo sfruttamento delle risorse petrolifere e minerarie, oltre ad avere lo scopo di consolidare il mercato delle importazioni degli armamenti, tale penetrazione geopolitica ha come obiettivo anche quello di contenere la presenza sino-francese.



Le scelte di Mosca, il cui volume di scambi con l’Africa è cresciuto del 185% dal 2005 al 2015, non faranno altro che aumentare gli introiti delle principali compagnie statali o parastatali russe come Gazprom, Lukoil, Rostec e Rosatom nel settore petrolifero, nell’estrazione di gas, nel trasferimento di tecnologia d’avanguardia e nella costruzione di impianti per la produzione di energia nucleare. Nello specifico gli accordi bilaterali firmati a Sochi riguardano Kenya, Zambia, Ghana, Nigeria, Sudan, Uganda, Tanzania, Namibia, Egitto e Rwanda, che ha firmato un accordo per la costruzione di un impianto per la produzione di energia nucleare entro il 2024.



Un altro ambito di interesse strategico è quello minerario. Se lo Zimbabwe sta ponendo in essere la produzione in un importante giacimento di metalli del gruppo platino (rutenio, rodio, palladio, osmio, iridio oltre al platino stesso) fondamentali per la tecnologia dual use, il Namibia svolge un ruolo rilevante per l’estrazione dell’uranio, mentre l’Angola per i giacimenti diamantiferi.

A tale proposito nella Repubblica centrafricana il settore minerario svolge un ruolo molto importante, come dimostra la presenza già nel maggio del 2018 delle compagnie minerarie russe Nordgold e Gpb Resources, oltre alla significativa presenza del gruppo Wagner. Proprio durante questo vertice, il presidente della Repubblica centroafricana Faustin-Archange Touadéra ha affermato di aver chiesto alla Russia nuove importazione di armi per le forze armate ed ha anche sottolineato che il suo paese prenderà in considerazione l’ipotesi di ospitare un’infrastruttura militare russa.

Per quanto concerne il Sudan, le sue aziende militari realizzano armamenti su licenza russa. Anche se da un punto di vista politico la sinergia tra Mosca e il Sudan – in relazione per esempio al sostegno al presidente Hassan El-Bashir – si è rilevata fallimentare, è assai probabile che uno degli obiettivi russi sia la costruzione di un’infrastruttura militare sul Mar Rosso. In altri termini la Russia intende servirsi del Sudan per consolidare la sua influenza sul Mar Rosso e sul Golfo di Aden e ampliarla verso l’Africa orientale e quella sub-sahariana.