Giacomo Leopardi nello Zibaldone nel 1820 scriveva: “Se noi dobbiamo risvegliarci una volta e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto dev’essere, non la superbia e la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna”.

Se ci guardiamo con onestà non possiamo che provare quel sentimento descritto, che è la storia melodrammatica di un grande Paese di individualisti e geni che ha contribuito alla costruzione della civiltà occidentale, ma che non ha saputo costruirsi come casa comune; mentre l’instabilità dell’Europa è lo specchio delle asimmetrie che minano alla base un senso di governance lasciato ad una burocrazia ottusa e iper-prolifica di norme spesso irrealizzabili, ma non a quella politica promossa dai suoi padri fondatori che, oggi, si rivoltano nella tomba.



L’Italia sta vivendo una drammatica crisi d’identità, tra una dominanza esterna che sembra volere dominare e governare i suoi processi decisionali, lesiva della sua sovranità, e una politica evaporata, senza pensiero, creatività ed autorevolezza. Non vi è nemmeno quella minima traccia di orgoglio e dignità che consente di tenere alta la testa come l’aveva tenuta De Gasperi quando era andato a negoziare, in condizioni di grande debolezza, la sopravvivenza della nazione con i vincitori.



Siamo alla fine di un ciclo storico che ha travolto un modello socioculturale in cui le conflittualità vanno assumendo sempre più connotazioni primitive, ciniche e feroci; ritornano drammaticamente gli orrori delle guerre e si subisce il dominio di un pensiero unico che non accetta compromessi ma solo la ricerca di una suicida onnipotenza. La crisi del nostro tempo ha sovvertito l’ordine dei valori e delle priorità, innalzando prima l’economia e poi la finanza a verità incontrovertibili anche di fronte all’evidenza della realtà che ne dimostra l’infondatezza scientifica. La cultura del nostro tempo ha creato povertà, disuguaglianza, degrado morale, disoccupazione, lo sfaldamento della società e della famiglia, l’individualismo più sfrenato che normalizza la corruzione e i comportamenti illeciti, senza tuttavia mettersi minimamente in discussione.



Infine l’attacco del neoliberismo allo Stato ed al welfare ha separato la ricchezza dai Paesi e il potere dalla politica, che ne è diventata ancella; una politica debole e priva di idee e di pensiero che trova la sua legittimazione nella capitalizzazione della paura e nei nemici visibili ed invisibili da creare in continuazione ed in funzione degli interessi dominanti.

La conferma dello scontro culturale e di valori è rappresentato dalla guerra in Ucraina, dove il vero scontro nel dramma tragico della guerra e dei morti civili è anche la definizione degli equilibri globali tra il modello occidentale e quello alternativo proposto dai Paesi ex-emergenti – Cina, India, Russia, Iran, Brasile, Kazakistan… –. Questi ultimi rappresentano oltre il 45% della popolazione mondiale e sono ricchi di quelle materie prime che servono alle industrie high-tech emergenti ed ai Paesi manifatturieri come il nostro. Lo scontro è non solo politico ma anche finanziario, e funzionale a togliere al dollaro il ruolo di moneta globale. Infatti gli scambi tra queste economie sono regolati dalle loro monete in attesa di averne una alternativa al dollaro.

La rilevanza di questo scontro è data dall’incredibile aiuto all’Ucraina fornito dagli Usa, un ammontare di mezzi bellici e finanziari pari a quelli dati per l’Afganistan, Israele ed Egitto messi insieme, superando in pochi mesi tre dei maggiori destinatari di risorse di aiuti militari nella storia degli Usa; una velocità ed un ammontare senza pari nel nuovo secolo. Lo scontro tra gli Usa e la Russia appare sempre più diretto; anche l’Europa, su pressione degli Stati Uniti, si è giustamente mossa in aiuto della disastrata Ucraina, ma ora le sanzioni alla Russia che sono diventate un boomerang che ha colpito le democrazie – almeno sulla carta ma non sempre nei fatti – europee.

La guerra così aspra e dura mette le coscienze a dura prova di fronte agli eccidi che vengono raccontati e rende difficile una chiara unanimità di decisioni. Lo scontro finanziario da un lato indebolisce l’Europa, dall’altro rafforza gli Usa e la sua economia, favorisce la durabilità del dollaro messo a dura prova ed a rischio dal suo immenso volume e lo rafforza rispetto all’euro che viene indebolito, come si vede ogni giorno; tutto diventa un risiko finanziario in cui le carte vengono date da altri. La politica finanziaria degli Usa basata sulla stampa infinita di carta rischia di essere messa alle strette dai fatti e dalla sua difficile sostenibilità, ma ora resta senza alternative.

Siamo di fronte al collasso della politica a favore della forza che finisce sempre in dramma, la mancanza di uomini politici veri, consapevoli dei drammi della guerra, della storia e delle sue vicissitudini ha impedito la soluzione negoziata di antichi conflitti che da troppo tempo giacevano irrisolti sotto le ceneri. Anche questa mancanza di cultura diventa una condizione per esercitare forme di tirannia politica – ma quel che è peggio, anche di tirannia finanziaria.

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