In una situazione di sconvolgimento dei quadri geopolitici del Mediterraneo come è ormai da tempo senza che si intuisca a quale situazione si possa giungere, Stati Uniti e Russia sembrano stranamente defilati. Questo almeno è quello che appare; la domanda è a quale gioco stanno giocando le due superpotenze, che in un modo o nell’altro tendono a stabilire la rispettiva supremazia in qualunque parte del mondo. E’ quello che ci conferma l’ex capo di stato maggiore dell’aeronautica e della difesa, generale Vincenzo Camporini: “Da una parte la Russia cerca di confermare la sua presenza come arbitro in qualunque contenzioso ci possa essere, dall’altra le discrasie tra il presidente Trump e la sua amministrazione confermano uno stato confusionale della politica estera americana che non fa bene a nessuno”.



A parte dichiarazioni di rito, Stati Uniti e Russia sembrano defilate rispetto alla situazione caotica in cui versa oggi il Mediterraneo. E’ davvero così o ci sono cose che ci sfuggono?

La Russia non ha le possibilità operative per dominare militarmente nel Mediterraneo. Ha certo la volontà di inserirsi nel gioco politico allo scopo di dimostrare che qualsiasi cosa venga decisa, sia fatto alla sua presenza. Confermare cioè il suo rango di potenza se non globale, di potenza principale regionale.



In che modo avviene questo?

Si tratta di un gioco politico, che ovviamente usa anche i mezzi militari come sempre succede nella storia. Questo non significa però una capacità di impadronirsi di zone del Mediterraneo dal punto di vista strategico. Sappiamo quanti problemi economici ha la Russia, le sue fragilità di paese che basa buona parte della sua economia sulla vendita di idrocarburi ed energia, quindi con una dipendenza molto forte dal prezzo quotidiano del petrolio. Grazie però all’oculato impiego delle proprie forze diplomatiche e militari è riuscita a inserirsi nel gioco politico del Mediterraneo in modo tale da poter dire: guardate che ci siamo anche noi.



La Russia è però presente in modo consistente in Siria, la guerra al terrorismo è stata vinta grazie a Mosca, questo cosa comporta?

Assolutamente sì, ha dimostrato sul campo di essere capace di operare. Lo fa con metodi che non possiamo condividere, come l’uso delle bombe a grappolo che noi abbiamo messo al bando, però l’efficacia militare è stata notevole tanto che Assad da quasi sconfitto si è trovato vincitore.

Trump invece? Da quando è alla Casa Bianca la politica estera americana appare spesso contraddittoria. Perché?

Il problema di questa amministrazione è che si notano incongruenze tra quello che dice la Casa Bianca e quello che dicono i vari responsabili come quello della difesa o quello del dipartimento di Stato. Spesso si notano discrasie tra le dichiarazioni del presidente e le politiche sul terreno, come quando Trump disse che si sarebbero ritirati dalla Siria e tre ore dopo veniva confermata la presenza militare.

Qual è il suo commento?

Agire così non fa bene alla politica perché lascia nell’incertezza, cosa che può essere positiva quando si fanno affari, ma è assolutamente destabilizzante quando si tratta di politica estera.

In questo quadro giocano un ruolo importante i paesi del Golfo. Che peso hanno realmente?

Su questo argomento ci sono parecchie considerazioni da fare che onestamente ci lasciano con grossi punti di domanda.

Ad esempio?

Gli Stati Uniti sostengono Emirati Arabi e Arabia Saudita, che sono in contrapposizione all’Iran. C’è poi il Qatar, che pur essendo sunnita cerca di tenere una posizione di equilibrio con l’Iran ed è osteggiato da Emirati e Arabia. Ma proprio in Qatar c’è la più importante base militare americana del Golfo, cosa che lascia interdetti: come è possibile sostengano gli avversari del Qatar pur avendo qui la loro più importante base militare?

Già: come è possibile?

Fa parte di questo quadro confuso della politica nell’area non solo da parte americana, ma anche dei singoli paesi. Si vedono ogni tanto comportamenti non congruenti, come la strana alleanza fra Arabia e Israele, che ha valore tattico, non credo strategico, ma pone comunque interrogativi. La situazione in Medio oriente non ha spiegazioni tali che diano un quadro di razionalità.

(Paolo Vites)